Invenzione di sé, mimesi e creatività

Le attività imitative, pur essendo costitutive dell’educazione, non sono sempre prese in considerazione come tali, anche perché riguardano sia le prassi consapevoli e volontarie, sia quel magma originario di dimensioni oniriche, immaginarie, inconsce che, in ogni caso, permeano, veicolano e comunicano educazione. Siamo educati e siamo imitati, comunque; educhiamo e imitiamo, comunque. Il “ritorno” ad occuparsi dell’imitazione, allora, può essere un tentativo di disvelare le pretese di controllo inutile e impotente che si possono celare in teorie e prassi che si definiscono educative e si sono, invece, rivelate come tragici tentativi di imbrigliare condizioni e situazioni imprevedibili, folli, sacre, umoristiche, etc. dell’umanità. Non si educa senza tener conto di tutte queste e anche di altre dimensioni. Esse testimoniano l’impossibilità, da parte dell’umanità stessa, di trattarsi come un oggetto senza pagare (anche inaspettatamente) conseguenze nefaste. E, non si educa pretendendo di comprimere l’incomprensibile in contenitori preconfezionati.