La divinizzazione degli imperatori romani è un istituto complesso, con una forte componente rituale e spettacolare, la cui ratio consiste nel rapporto fra il potere e le virtù imperiali ad esso connesse da un canto, e la proiezione dell’imperatore – dopo la morte – in un tempo e una dimensione assoluti, dall’altro. A conferire prestigio e credibilità all’ apoteosi imperiale ha contribuito il ruolo primario che il senato ha mantenuto nel gestire il momento della probatio, che precedeva e dava fondamento alla relatio in numerum divorum ed alla consecratio dell’imperatore. L’apoteosi è quindi commensurabile con la concezione vetero- e neotestamentaria di una sanzione escatologica delle opere dell’uomo e ciò spiega il passaggio dall’apoteosi alla ‘santificazione’ degli imperatori cristiani. Questo rituale, voluto da Augusto per il padre adottivo, si è consolidato lungo tutta l’età imperiale ed è diventato una componente importante della figura e del ruolo dell’imperatore: il senato recuperava un ruolo importante nella probatio, il successore - il quale di norma ne promuoveva la consecratio – otteneva una legittimazione dal titolo di divi filius. Con Costantino il Grande è iniziata una fase di profonda trasformazione, sia nel cerimoniale sia nella concezione dell’istituto, come risulta evidente dal fatto che al primo imperatore cristiano sono stati tributati sia il cerimoniale della relatio in numerum divorum e il titolo di divus, a cura del senato di Roma, sia una depositio ad Apostolos nella Basilica degli Apostoli in Costantinopoli. Era evidente che la concezione cristiana della sorte ultraterrena dell’imperatore entrava in diretta concorrenza con quella tràdita. L’equilibrio sperimentato con Costantino si dimostrò instabile e il cui punto critico più alto fu rappresentato dalla rimozione del sarcofago di Costantino dalla Basilica degli Apostoli durante il regno di Costanzo II. Il vescovo Ambrogio colse l’occasione della morte di Teodosio nel 395 per imporre un’interpretazione cristiana alla proiezione della figura imperiale oltre il limite della vita terrena. La sua appartenenza alla cultura senatoria lo rendeva sensibile al significato politico della probatio ed egli diede nuovi fondamenti, un nuovo iter e nuovi referenti per una valutazione che riassumesse l’opera politica di un imperatore ed avesse al contempo il crisma dell’assolutezza. Allora il vescovo di Milano si trovò nelle condizioni ideali (recente vittoria di Teodosio su Eugenio, successione dei figli al trono) per proporre in modo solenne un modello nuovo, quello del principe cristiano che è accolto nella luce del Padre. Si può dire che il De obitu Theodosii abbia segnato il momento in cui venne meno l’apoteosi tradizionale, che subiva la forte concorrenza da parte della concezione cristiana sulla sorte post mortem dei sovrani cristiani.

Teodosio il Grande e la fine dell’apoteosi imperiale

BONAMENTE, Giorgio
2014

Abstract

La divinizzazione degli imperatori romani è un istituto complesso, con una forte componente rituale e spettacolare, la cui ratio consiste nel rapporto fra il potere e le virtù imperiali ad esso connesse da un canto, e la proiezione dell’imperatore – dopo la morte – in un tempo e una dimensione assoluti, dall’altro. A conferire prestigio e credibilità all’ apoteosi imperiale ha contribuito il ruolo primario che il senato ha mantenuto nel gestire il momento della probatio, che precedeva e dava fondamento alla relatio in numerum divorum ed alla consecratio dell’imperatore. L’apoteosi è quindi commensurabile con la concezione vetero- e neotestamentaria di una sanzione escatologica delle opere dell’uomo e ciò spiega il passaggio dall’apoteosi alla ‘santificazione’ degli imperatori cristiani. Questo rituale, voluto da Augusto per il padre adottivo, si è consolidato lungo tutta l’età imperiale ed è diventato una componente importante della figura e del ruolo dell’imperatore: il senato recuperava un ruolo importante nella probatio, il successore - il quale di norma ne promuoveva la consecratio – otteneva una legittimazione dal titolo di divi filius. Con Costantino il Grande è iniziata una fase di profonda trasformazione, sia nel cerimoniale sia nella concezione dell’istituto, come risulta evidente dal fatto che al primo imperatore cristiano sono stati tributati sia il cerimoniale della relatio in numerum divorum e il titolo di divus, a cura del senato di Roma, sia una depositio ad Apostolos nella Basilica degli Apostoli in Costantinopoli. Era evidente che la concezione cristiana della sorte ultraterrena dell’imperatore entrava in diretta concorrenza con quella tràdita. L’equilibrio sperimentato con Costantino si dimostrò instabile e il cui punto critico più alto fu rappresentato dalla rimozione del sarcofago di Costantino dalla Basilica degli Apostoli durante il regno di Costanzo II. Il vescovo Ambrogio colse l’occasione della morte di Teodosio nel 395 per imporre un’interpretazione cristiana alla proiezione della figura imperiale oltre il limite della vita terrena. La sua appartenenza alla cultura senatoria lo rendeva sensibile al significato politico della probatio ed egli diede nuovi fondamenti, un nuovo iter e nuovi referenti per una valutazione che riassumesse l’opera politica di un imperatore ed avesse al contempo il crisma dell’assolutezza. Allora il vescovo di Milano si trovò nelle condizioni ideali (recente vittoria di Teodosio su Eugenio, successione dei figli al trono) per proporre in modo solenne un modello nuovo, quello del principe cristiano che è accolto nella luce del Padre. Si può dire che il De obitu Theodosii abbia segnato il momento in cui venne meno l’apoteosi tradizionale, che subiva la forte concorrenza da parte della concezione cristiana sulla sorte post mortem dei sovrani cristiani.
2014
9788872287095
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1208880
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