INTRODUZIONE a Tecnica Bidimensionale è una filosofia ortodontica che racchiude in sé i risultati di anni di studio e di ricerca svolti dal suo ideatore: Anthony Gianelly. Professore ordinario di Ortodonzia presso la Boston University dal 1969, ha dedicato l’intera carriera allo sviluppo e al miglioramento delle odierne metodiche ortodontiche. Il primum movens che ha spinto l’Autore alla ricerca di un’innovazione profonda è stato l’insoddisfazione provata dinnanzi allo scarso controllo dimostrato da numerose tecniche ortodontiche nei confronti di determinati settori dentali, durante lo spostamento di altri. Le forze impiegate per realizzare la trazione di alcuni elementi comportano la comparsa di forze di reazione che, andandosi a distribuire su altri segmenti del cavo orale, creano, spesso, movimenti incontrollati quanto indesiderati. Un esempio tangibile, frequente nella quotidianità clinica di molti ortodontisti, è il difficile ancoraggio del settore frontale durante la chiusura degli spazi post-estrattivi nei settori laterali, mediante mesializzazione del gruppo molare. Nella tecnica Edgewise, per esercitare un controllo tridimensionale degli elementi, si impiegano fili rettangolari di grossa sezione che, entrando a tutto spessore negli slot, provocano una notevole frizione in grado di impedire movimenti di rotazione, ma anche qualsiasi accenno di scorrimento lungo l’arco. Per produrre spostamenti dentali, è necessario modellare sul filo anse di chiusura che determinano un movimento combinato del filo e dell’elemento, indissolubili per l’elevata frizione che li lega. Questo stratagemma consente di effettuare spostamenti in determinati settori buccali e, al contempo, di controllare l’inclinazione degli elementi rimanenti, scongiurando la comparsa di inclinazioni indesiderate ad opera delle forze di reazione. La soluzione appare, comunque, indaginosa e richiede un tempo elevato di lavoro alla poltrona. Il risultato è, inoltre, strettamente legato alle capacità e alla precisione possedute dal professionista. Sembrava non esserci un giusto compromesso fra capacità di controllo ed agevolezza di spostamento. Impiegando fili di grossa sezione venivano annullati i movimenti indesiderati, ma quelli cercati, per correggere gli elementi mal posizionati risultavano particolarmente difficoltosi. Archi sottodimensionati, al contrario, consentivano un immediato e semplice scorrimento degli elementi da spostare lungo il filo, non garantendo, però, alcun controllo nei settori investiti dalle forze di reazione. Gianelly, alla ricerca incessante di questo binomio apparentemente inconiugabile, ha apportato, nel corso degli anni, una serie di modifiche alla Tecnica Edgewise standard, realizzando, alla fine, quella che oggi è conosciuta con il nome di “Tecnica Bidimensionale” (1). Il primo obiettivo dell’Autore fu quello di identificare quali settori necessitassero di un maggior grado di controllo e quali, al contrario, richiedessero un’agevolazione nello spostamento. Attingendo all’esperienza clinica propria e dei suoi collaboratori, decretò il settore frontale inferiore come un punto assai critico, quanto essenziale, per l’ancoraggio durante la chiusura degli spazi post estrattivi. Nella pratica quotidiana, ci si trova frequentemente dinnanzi a situazioni che richiedono un grado di ancoraggio massimo nel settore frontale mandibolare. Nei casi clinici estrattivi, ad esempio, dopo la risoluzione dell’affollamento e/o della protrusione anteriore, si può avere l’esigenza di riempire i millimetri residui, in corrispondenza del sito estrattivo, unicamente mediante mesializzazione del gruppo premolare-molare.

La tecnica bidimensionale: diagnosi e biomeccanica

LOTITO, Massimo;
2013

Abstract

INTRODUZIONE a Tecnica Bidimensionale è una filosofia ortodontica che racchiude in sé i risultati di anni di studio e di ricerca svolti dal suo ideatore: Anthony Gianelly. Professore ordinario di Ortodonzia presso la Boston University dal 1969, ha dedicato l’intera carriera allo sviluppo e al miglioramento delle odierne metodiche ortodontiche. Il primum movens che ha spinto l’Autore alla ricerca di un’innovazione profonda è stato l’insoddisfazione provata dinnanzi allo scarso controllo dimostrato da numerose tecniche ortodontiche nei confronti di determinati settori dentali, durante lo spostamento di altri. Le forze impiegate per realizzare la trazione di alcuni elementi comportano la comparsa di forze di reazione che, andandosi a distribuire su altri segmenti del cavo orale, creano, spesso, movimenti incontrollati quanto indesiderati. Un esempio tangibile, frequente nella quotidianità clinica di molti ortodontisti, è il difficile ancoraggio del settore frontale durante la chiusura degli spazi post-estrattivi nei settori laterali, mediante mesializzazione del gruppo molare. Nella tecnica Edgewise, per esercitare un controllo tridimensionale degli elementi, si impiegano fili rettangolari di grossa sezione che, entrando a tutto spessore negli slot, provocano una notevole frizione in grado di impedire movimenti di rotazione, ma anche qualsiasi accenno di scorrimento lungo l’arco. Per produrre spostamenti dentali, è necessario modellare sul filo anse di chiusura che determinano un movimento combinato del filo e dell’elemento, indissolubili per l’elevata frizione che li lega. Questo stratagemma consente di effettuare spostamenti in determinati settori buccali e, al contempo, di controllare l’inclinazione degli elementi rimanenti, scongiurando la comparsa di inclinazioni indesiderate ad opera delle forze di reazione. La soluzione appare, comunque, indaginosa e richiede un tempo elevato di lavoro alla poltrona. Il risultato è, inoltre, strettamente legato alle capacità e alla precisione possedute dal professionista. Sembrava non esserci un giusto compromesso fra capacità di controllo ed agevolezza di spostamento. Impiegando fili di grossa sezione venivano annullati i movimenti indesiderati, ma quelli cercati, per correggere gli elementi mal posizionati risultavano particolarmente difficoltosi. Archi sottodimensionati, al contrario, consentivano un immediato e semplice scorrimento degli elementi da spostare lungo il filo, non garantendo, però, alcun controllo nei settori investiti dalle forze di reazione. Gianelly, alla ricerca incessante di questo binomio apparentemente inconiugabile, ha apportato, nel corso degli anni, una serie di modifiche alla Tecnica Edgewise standard, realizzando, alla fine, quella che oggi è conosciuta con il nome di “Tecnica Bidimensionale” (1). Il primo obiettivo dell’Autore fu quello di identificare quali settori necessitassero di un maggior grado di controllo e quali, al contrario, richiedessero un’agevolazione nello spostamento. Attingendo all’esperienza clinica propria e dei suoi collaboratori, decretò il settore frontale inferiore come un punto assai critico, quanto essenziale, per l’ancoraggio durante la chiusura degli spazi post estrattivi. Nella pratica quotidiana, ci si trova frequentemente dinnanzi a situazioni che richiedono un grado di ancoraggio massimo nel settore frontale mandibolare. Nei casi clinici estrattivi, ad esempio, dopo la risoluzione dell’affollamento e/o della protrusione anteriore, si può avere l’esigenza di riempire i millimetri residui, in corrispondenza del sito estrattivo, unicamente mediante mesializzazione del gruppo premolare-molare.
2013
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1226483
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