Il lavoro si incentra sull’analisi della sentenza n. 21/2009 con cui la Corte Costituzionale si è nuovamente pronunciata in merito alla legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 1, d. lgs. n. 286/1998, come sostituito dall’art. 11 l. n. 189/2002, e modificato dall’art. 1 ter del d.l. n. 241/2004, convertito con modificazioni dalla l. n. 271/2004. Già in precedenza, infatti, le censure proposte si fondavano sul ritenuto contrasto della norma sopra indicata con il principio di riserva di legge, nella parte in cui incrimina gli «atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato», in quanto essa avrebbe quale unico elemento tipizzante, il presupposto di «illiceità speciale» derivante dalla nozione di “illegalità” dell’ingresso nello Stato estero. Proprio l’ennesima decisione della Corte volta a sancire la conformità di tale costruzione normativa al principio di riserva di legge diventa oggetto per una approfondita critica, da parte dell’A., di tale “tendenza”, pervenendo alla conclusione che, con particolare riguardo all’ ipotesi in esame in cui è una normativa extranazionale a concorrere all’identificazione e a fornire la base di valutazione della condotta penalmente repressa, per ritenersi rispettato il principio di riserva di legge, dovrebbe essere il legislatore nazionale ad individuare, in termini di immediata percepibilità, il nucleo di disvalore della condotta incriminata, mentre, dal canto loro, le norme straniere integratrici del precetto dovrebbero risultare adeguatamente identificate.

La sentenza n. 21 del 2009 ovvero "la tendenza salvifica" della Corte costituzionale rispetto alle disposizioni del t.u. sull'immigrazione

SARTARELLI, STEFANIA
2009

Abstract

Il lavoro si incentra sull’analisi della sentenza n. 21/2009 con cui la Corte Costituzionale si è nuovamente pronunciata in merito alla legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 1, d. lgs. n. 286/1998, come sostituito dall’art. 11 l. n. 189/2002, e modificato dall’art. 1 ter del d.l. n. 241/2004, convertito con modificazioni dalla l. n. 271/2004. Già in precedenza, infatti, le censure proposte si fondavano sul ritenuto contrasto della norma sopra indicata con il principio di riserva di legge, nella parte in cui incrimina gli «atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato», in quanto essa avrebbe quale unico elemento tipizzante, il presupposto di «illiceità speciale» derivante dalla nozione di “illegalità” dell’ingresso nello Stato estero. Proprio l’ennesima decisione della Corte volta a sancire la conformità di tale costruzione normativa al principio di riserva di legge diventa oggetto per una approfondita critica, da parte dell’A., di tale “tendenza”, pervenendo alla conclusione che, con particolare riguardo all’ ipotesi in esame in cui è una normativa extranazionale a concorrere all’identificazione e a fornire la base di valutazione della condotta penalmente repressa, per ritenersi rispettato il principio di riserva di legge, dovrebbe essere il legislatore nazionale ad individuare, in termini di immediata percepibilità, il nucleo di disvalore della condotta incriminata, mentre, dal canto loro, le norme straniere integratrici del precetto dovrebbero risultare adeguatamente identificate.
2009
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