Circa settanta anni prima dell’invenzione di Talbot e di Daguerre, un medico e poligrafo francese, Charles-François Tiphaigne De la Roche (1722-1774), descrive una tecnica fotografica a colori all’interno di un suo suggestivo e poco conosciuto fantaracconto, "Giphantie" (Parigi, 1760; Londra, 1761), dove narra di un viaggio utopico in un paese al centro dell’Africa abitato da un popolo capace di invenzioni strabilianti. Il viaggiatore, guardando da una presunta finestra, scopre che quello che vede non è un frammento di realtà ma uno specialissimo dipinto così perfettamente verosimile da portare la ragione «a dubitare se le cose che chiamiamo realtà non siano in effetti altre creazioni della fantasia atte a illudere gli occhi, l’udito, il tatto, tutti i sensi insieme». Con "Giphantie" siamo dunque alla prima vera profezia letteraria del processo fotografico, del suo sguardo di Medusa e della poiesi stessa dell’immagine fotografica, e il saggio analizza questo testo navigante tra alchimia e filosofia come uno dei percorsi di pensiero che di lì a pochi decenni avrebbero condotto un francese e un inglese, ognuno per la sua strada, all’invenzione della fotografia. Un testo straordinario, quello di Tiphaigne De la Roche, anche perchè l’immaginazione di Tiphaigne – oltre a ideare il primo museo fotografico, la galleria dove si trovano una dopo l’altra le raffigurazioni degli «eventi più straordinari che abbiano scosso la terra e deciso la sorte degli uomini» – sa spingersi più avanti nel tempo: sa fantasticare congegni capaci di trasportare le immagini lontano da dove vengono catturate (per uno dei primi prototipi di televisione), o dispositivi che sanno trasferire i suoni (e qui siamo al telefono), mettendo così a disposizione dei propri contemporanei le fantasie di quelle che saranno le protesi con le quali nel XX secolo abbiamo imparato a guardare e ascoltare il mondo.

L'invenzione della fotografia: un'utopia alchemica in epoca illuminista

DE ROMANIS, Roberto
2016

Abstract

Circa settanta anni prima dell’invenzione di Talbot e di Daguerre, un medico e poligrafo francese, Charles-François Tiphaigne De la Roche (1722-1774), descrive una tecnica fotografica a colori all’interno di un suo suggestivo e poco conosciuto fantaracconto, "Giphantie" (Parigi, 1760; Londra, 1761), dove narra di un viaggio utopico in un paese al centro dell’Africa abitato da un popolo capace di invenzioni strabilianti. Il viaggiatore, guardando da una presunta finestra, scopre che quello che vede non è un frammento di realtà ma uno specialissimo dipinto così perfettamente verosimile da portare la ragione «a dubitare se le cose che chiamiamo realtà non siano in effetti altre creazioni della fantasia atte a illudere gli occhi, l’udito, il tatto, tutti i sensi insieme». Con "Giphantie" siamo dunque alla prima vera profezia letteraria del processo fotografico, del suo sguardo di Medusa e della poiesi stessa dell’immagine fotografica, e il saggio analizza questo testo navigante tra alchimia e filosofia come uno dei percorsi di pensiero che di lì a pochi decenni avrebbero condotto un francese e un inglese, ognuno per la sua strada, all’invenzione della fotografia. Un testo straordinario, quello di Tiphaigne De la Roche, anche perchè l’immaginazione di Tiphaigne – oltre a ideare il primo museo fotografico, la galleria dove si trovano una dopo l’altra le raffigurazioni degli «eventi più straordinari che abbiano scosso la terra e deciso la sorte degli uomini» – sa spingersi più avanti nel tempo: sa fantasticare congegni capaci di trasportare le immagini lontano da dove vengono catturate (per uno dei primi prototipi di televisione), o dispositivi che sanno trasferire i suoni (e qui siamo al telefono), mettendo così a disposizione dei propri contemporanei le fantasie di quelle che saranno le protesi con le quali nel XX secolo abbiamo imparato a guardare e ascoltare il mondo.
2016
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1394817
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact