Occorre ricordare che per lunghi millenni dell’esistenza umana la Natura era il luogo del pericolo, della minaccia, dell’arbitrio. Il tempo atmosferico poteva distruggere raccolti per i quali si era lavorato duramente; le epidemie – come anche terremoti ed eruzioni, frane e inondazioni – potevano cancellare città e nazioni; la qualità stessa del territorio, la sua configurazione, potevano rivelarsi ostacoli insormontabili alla sopravvivenza o per contro alla crescita o ai trasporti e le belve erano in agguato, aggressive e fameliche. C’erano ottime ragioni per guardare al mondo con timore misto a volte a rispetto, altre ad astio o volontà di rivalsa. Soprattutto dopo che l’originaria sensazione mistico-sacrale di appartenenza si era venuta affievolendo e la distanza tra l’uomo e il suo ambiente era aumentata, in particolare per la cultura occidentale. Il processo alchemico per cui da questa situazione si è passati all’attualità patinata fa senz’altro parte del versante immaginale e merita almeno qualche cenno. A questo fine si suggerisce che, riprendendo Weber, se la cultura è una sezione finita di un’infinità priva di senso, lo studio di altre sue sottosezioni finite possa aiutare a comprenderne la configurazione e la probabile evoluzione. In particolare, ci si riferisce a operazioni coscienti di delimitazione dove lo stesso intento profondo del gesto culturale si fa evidente e rivelatore: ci si riferisce alla nascita e al cambiamento del giardino.

Un posto nel mondo. Considerazioni immaginali sul problema ambientale

D'ANDREA, Fabio
2013

Abstract

Occorre ricordare che per lunghi millenni dell’esistenza umana la Natura era il luogo del pericolo, della minaccia, dell’arbitrio. Il tempo atmosferico poteva distruggere raccolti per i quali si era lavorato duramente; le epidemie – come anche terremoti ed eruzioni, frane e inondazioni – potevano cancellare città e nazioni; la qualità stessa del territorio, la sua configurazione, potevano rivelarsi ostacoli insormontabili alla sopravvivenza o per contro alla crescita o ai trasporti e le belve erano in agguato, aggressive e fameliche. C’erano ottime ragioni per guardare al mondo con timore misto a volte a rispetto, altre ad astio o volontà di rivalsa. Soprattutto dopo che l’originaria sensazione mistico-sacrale di appartenenza si era venuta affievolendo e la distanza tra l’uomo e il suo ambiente era aumentata, in particolare per la cultura occidentale. Il processo alchemico per cui da questa situazione si è passati all’attualità patinata fa senz’altro parte del versante immaginale e merita almeno qualche cenno. A questo fine si suggerisce che, riprendendo Weber, se la cultura è una sezione finita di un’infinità priva di senso, lo studio di altre sue sottosezioni finite possa aiutare a comprenderne la configurazione e la probabile evoluzione. In particolare, ci si riferisce a operazioni coscienti di delimitazione dove lo stesso intento profondo del gesto culturale si fa evidente e rivelatore: ci si riferisce alla nascita e al cambiamento del giardino.
2013
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1398155
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