L’articolo vuole investigare la città secondo la chiave interpretativa dei beni comuni e dei beni relazionali, due categorie di beni individuate dalla scienza economica, che si influenzano vicendevolmente nell’habitat urbano, che è comunque costituito anche da beni pubblici, privati e di club. La città non è infatti solo un insieme di spazi e di strutture comuni (non escludibili, ma rivali nell’accesso), ma è anche un insieme di relazioni sociali improntate al principio di reciprocità (simmetrica o generalizzata), da cui dipende l’inverarsi o meno della “tragedia dei beni comuni”. D’altro canto la quantità e la qualità di spazi e di strutture comuni disponibili in una città condizionano il grado di coesione sociale esistente in essa. A questo proposito l’articolo fa riferimento alla città medievale, molto diffusa in Italia, come felice esempio di proliferazione di spazi comuni dove i beni relazionali, oltre a garantire la coesistenza pacifica tra persone, hanno fertilizzato l’economia. La città moderna, con le sue varie metamorfosi in corso, è la testimonianza di erosione progressiva dei beni comuni presenti in essa attraverso processi di privatizzazione e di distruzione del capitale sociale da parte dell’economia. Esempio di questo duplice tendenza (distruzione di beni comuni e di capitale sociale) è la proliferazione dei “non luoghi” (Augè, 2009) che però non vanno combattuti con la semplice preservazione dei “luoghi”, cristallizzandoli nella loro immutabilità. I processi di trasformazione urbana non vanno esorcizzati, ma vanno governati in modo democratico e condiviso, attraverso nuove prassi di pianificazione, passate in rassegna (per quanto riguarda l’Italia e l’Europa) nell’articolo, che salvaguardino i beni comuni ed i beni relazionali ed il loro intreccio virtuoso. Il paradigma dell’economia della generatività, per le sue caratteristiche, può al riguardo fungere da bussola di questi processi di rinnovamento urbanistico-sociale-economico delle città, unitamente ai principi contenuti nella Carta di Lipsia sulle Città Europee Sostenibili (2007), dalla Dichiarazione di Toledo sulla Rigenerazione Urbana Integrata (2010), dall'Agenda territoriale dell'Unione Europea per il 2020, dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo sul tema: "La dimensione urbana delle politiche dell'UE - gli elementi fondamentali di un’agenda urbana" (UE COM (2014) 490 del 18 luglio 2014).
Vecchie e nuove espressioni di beni comuni urbani collaborativi
MONTESI, Cristina
2016
Abstract
L’articolo vuole investigare la città secondo la chiave interpretativa dei beni comuni e dei beni relazionali, due categorie di beni individuate dalla scienza economica, che si influenzano vicendevolmente nell’habitat urbano, che è comunque costituito anche da beni pubblici, privati e di club. La città non è infatti solo un insieme di spazi e di strutture comuni (non escludibili, ma rivali nell’accesso), ma è anche un insieme di relazioni sociali improntate al principio di reciprocità (simmetrica o generalizzata), da cui dipende l’inverarsi o meno della “tragedia dei beni comuni”. D’altro canto la quantità e la qualità di spazi e di strutture comuni disponibili in una città condizionano il grado di coesione sociale esistente in essa. A questo proposito l’articolo fa riferimento alla città medievale, molto diffusa in Italia, come felice esempio di proliferazione di spazi comuni dove i beni relazionali, oltre a garantire la coesistenza pacifica tra persone, hanno fertilizzato l’economia. La città moderna, con le sue varie metamorfosi in corso, è la testimonianza di erosione progressiva dei beni comuni presenti in essa attraverso processi di privatizzazione e di distruzione del capitale sociale da parte dell’economia. Esempio di questo duplice tendenza (distruzione di beni comuni e di capitale sociale) è la proliferazione dei “non luoghi” (Augè, 2009) che però non vanno combattuti con la semplice preservazione dei “luoghi”, cristallizzandoli nella loro immutabilità. I processi di trasformazione urbana non vanno esorcizzati, ma vanno governati in modo democratico e condiviso, attraverso nuove prassi di pianificazione, passate in rassegna (per quanto riguarda l’Italia e l’Europa) nell’articolo, che salvaguardino i beni comuni ed i beni relazionali ed il loro intreccio virtuoso. Il paradigma dell’economia della generatività, per le sue caratteristiche, può al riguardo fungere da bussola di questi processi di rinnovamento urbanistico-sociale-economico delle città, unitamente ai principi contenuti nella Carta di Lipsia sulle Città Europee Sostenibili (2007), dalla Dichiarazione di Toledo sulla Rigenerazione Urbana Integrata (2010), dall'Agenda territoriale dell'Unione Europea per il 2020, dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo sul tema: "La dimensione urbana delle politiche dell'UE - gli elementi fondamentali di un’agenda urbana" (UE COM (2014) 490 del 18 luglio 2014).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.