“Il divino Platone e lo stupefacente Kant”, con queste parole, è noto, Schopenhauer apriva la sua prima opera pubblicata come dissertazione di tesi dottorale: La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. Ed è evidente, a partire da questa affermazione perentoria che si ripeterà anche nel suo capolavoro indiscusso, che il legame storiografico tra Schopenhauer e il platonismo è più che evidente. Tuttavia, il taglio interpretativo che si è dato a questo studio non è tanto quello di offrire una comparazione storiografica tra le dottrine di Platone e di Schopenhauer, quanto piuttosto di cercare di scavare più a fondo, in direzione di una coappartenenza essenziale dei due autori in una radicalità dell’interrogare filosofico che oltrepassa il loro “detto”, in direzione di ciò che lo trascende. In questo senso, la tensione tra i poli del tempo e dell’eternità costituisce senz’altro quell’elemento in grado di restituire l’immagine più autentica delle intenzioni schopenhaueriane, oltre quel volontarismo dietro cui lo stesso pensatore tedesco ha inteso occultare il suo profondo platonismo, così come si era venuto a caratterizzare nei suoi scritti giovanili: tra “coscienza empirica” e “migliore coscienza”. Il presente lavoro cerca quindi di rintracciare, in questa prospettiva, i motivi di una dottrina dei livelli di coscienza all’interno del pensiero di Schopenhauer.

Tra tempo ed eternità. Il platonismo essenziale in Arthur Schopenhauer

marco casucci
2018

Abstract

“Il divino Platone e lo stupefacente Kant”, con queste parole, è noto, Schopenhauer apriva la sua prima opera pubblicata come dissertazione di tesi dottorale: La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. Ed è evidente, a partire da questa affermazione perentoria che si ripeterà anche nel suo capolavoro indiscusso, che il legame storiografico tra Schopenhauer e il platonismo è più che evidente. Tuttavia, il taglio interpretativo che si è dato a questo studio non è tanto quello di offrire una comparazione storiografica tra le dottrine di Platone e di Schopenhauer, quanto piuttosto di cercare di scavare più a fondo, in direzione di una coappartenenza essenziale dei due autori in una radicalità dell’interrogare filosofico che oltrepassa il loro “detto”, in direzione di ciò che lo trascende. In questo senso, la tensione tra i poli del tempo e dell’eternità costituisce senz’altro quell’elemento in grado di restituire l’immagine più autentica delle intenzioni schopenhaueriane, oltre quel volontarismo dietro cui lo stesso pensatore tedesco ha inteso occultare il suo profondo platonismo, così come si era venuto a caratterizzare nei suoi scritti giovanili: tra “coscienza empirica” e “migliore coscienza”. Il presente lavoro cerca quindi di rintracciare, in questa prospettiva, i motivi di una dottrina dei livelli di coscienza all’interno del pensiero di Schopenhauer.
2018
978-88-6344-526-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1428751
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