I modelli di valutazione che adottiamo con maggiore frequenza nel sistema di istruzione (fino all’Università compresa), paiono avere la finalità, seppur non dichiarata, della ripetizione e restituzione di quanto trattenuto (informazioni, nozioni, processi, più raramente abilità); assumono a volte funzioni sanzionatorie o, più raramente, premiali; indulgono a modalità comparative; si nutrono spesso di elementi estranei all’oggetto che stiamo valutando (la retroazione del “comportamento” sulle valutazioni disciplinari dovrebbe essere sufficiente come esempio). Quando, infatti, si va oltre le dichiarazioni di principio e si analizzano le pratiche maggioritarie si può leggere una pressione in direzione della conformità. La “teoria” della valutazione sottesa allora pone il proprio accento sul controllo, con così tanta costanza da far pensare di essere esito di una malcelata paura del confronto. La valutazione, ancora oggi, viene considerata dagli studenti (Batini, Bartolucci, 2016) come il climax dell’ingiustizia scolastica, il momento in cui si consumano molti dei conflitti e si strutturano impotenze e rinunce, un impedimento anziché una facilitazione all’attivazione di ragazzi e ragazze, attivazione necessaria per renderli protagonisti del proprio processo di apprendimento. Occorre dunque lavorare per eliminare, progressivamente, pratiche valutative che, senza che ve ne sia, spesso, l’intenzione, finiscono per costituire un ostacolo anziché un fattore facilitante dell’apprendimento. Sono gli studenti medesimi a confermare la rilevanza del momento valutativo e la sua complessità.

Dagli obiettivi di apprendimento alla valutazione

Federico Batini
2018

Abstract

I modelli di valutazione che adottiamo con maggiore frequenza nel sistema di istruzione (fino all’Università compresa), paiono avere la finalità, seppur non dichiarata, della ripetizione e restituzione di quanto trattenuto (informazioni, nozioni, processi, più raramente abilità); assumono a volte funzioni sanzionatorie o, più raramente, premiali; indulgono a modalità comparative; si nutrono spesso di elementi estranei all’oggetto che stiamo valutando (la retroazione del “comportamento” sulle valutazioni disciplinari dovrebbe essere sufficiente come esempio). Quando, infatti, si va oltre le dichiarazioni di principio e si analizzano le pratiche maggioritarie si può leggere una pressione in direzione della conformità. La “teoria” della valutazione sottesa allora pone il proprio accento sul controllo, con così tanta costanza da far pensare di essere esito di una malcelata paura del confronto. La valutazione, ancora oggi, viene considerata dagli studenti (Batini, Bartolucci, 2016) come il climax dell’ingiustizia scolastica, il momento in cui si consumano molti dei conflitti e si strutturano impotenze e rinunce, un impedimento anziché una facilitazione all’attivazione di ragazzi e ragazze, attivazione necessaria per renderli protagonisti del proprio processo di apprendimento. Occorre dunque lavorare per eliminare, progressivamente, pratiche valutative che, senza che ve ne sia, spesso, l’intenzione, finiscono per costituire un ostacolo anziché un fattore facilitante dell’apprendimento. Sono gli studenti medesimi a confermare la rilevanza del momento valutativo e la sua complessità.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1431258
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