traendo spunto dalla sentenza della Corte cost., 7 febbraio 2018 n. 58, dep. 23 marzo 2018, n. 58, si analizzano le problematiche applicative del sequestro preventivo che ha avuto ad oggetto oggetto l'impianto siderurgico ILVA di Taranto. La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 3 d.l. 4 luglio 2015, n. 92 (Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l'esercizio dell'attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) e degli artt. 1, comma 2, e 21-octies l. 6 agosto 2015, n. 132 (Conversione in legge, con modif., del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria). La decisione si colloca nell'ambito di una vicenda articolata e complessa concernente l'impianto siderurgico Ilva di Taranto. In particolare, oggetto di attenzione sono stati i provvedimenti di sequestro penale adottati dall'autorità giudiziaria aventi ad oggetto stabilimenti di interesse strategico nazionale e per i quali si è, conseguentemente, posta la necessità di salvaguardare tanto esigenze di tutela dell'ambiente quanto di tutela della salute dei lavoratori e anche occupazionali. In proposito sono intervenuti dapprima il c.d. decreto salva Ilva 2012 e, poi, il c.d. decreto salva Ilva 2015 che hanno neutralizzato gli effetti della misura cautelare reale adottata dall'autorità giudiziaria, disponendo, seppure a determinate condizioni, la prosecuzione dell' attività d'impresa. Al contrario di quanto accaduto in riferimento al primo decreto normativo, quello del 2012, pure sottoposto al vaglio della Corte costituzionale (sentenza n. 85 del 2013) e uscitone "illeso", questa volta ad essere stato sottoposto al vaglio della Corte costituzionale è stato il decreto del 2015, ora dichiarato non conforme a Costituzione. Nel saggio, dunque, si vagliano le connesse problematiche derivanti dall'applicazione di una misura cautelare reale e le esigenze di prosecuzione dell'attività d'impresa.

Incostituzionalità del decreto ILVA del 2015 e conseguenze sul sequestro preventivo

Mariangela Montagna
2018

Abstract

traendo spunto dalla sentenza della Corte cost., 7 febbraio 2018 n. 58, dep. 23 marzo 2018, n. 58, si analizzano le problematiche applicative del sequestro preventivo che ha avuto ad oggetto oggetto l'impianto siderurgico ILVA di Taranto. La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 3 d.l. 4 luglio 2015, n. 92 (Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l'esercizio dell'attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) e degli artt. 1, comma 2, e 21-octies l. 6 agosto 2015, n. 132 (Conversione in legge, con modif., del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria). La decisione si colloca nell'ambito di una vicenda articolata e complessa concernente l'impianto siderurgico Ilva di Taranto. In particolare, oggetto di attenzione sono stati i provvedimenti di sequestro penale adottati dall'autorità giudiziaria aventi ad oggetto stabilimenti di interesse strategico nazionale e per i quali si è, conseguentemente, posta la necessità di salvaguardare tanto esigenze di tutela dell'ambiente quanto di tutela della salute dei lavoratori e anche occupazionali. In proposito sono intervenuti dapprima il c.d. decreto salva Ilva 2012 e, poi, il c.d. decreto salva Ilva 2015 che hanno neutralizzato gli effetti della misura cautelare reale adottata dall'autorità giudiziaria, disponendo, seppure a determinate condizioni, la prosecuzione dell' attività d'impresa. Al contrario di quanto accaduto in riferimento al primo decreto normativo, quello del 2012, pure sottoposto al vaglio della Corte costituzionale (sentenza n. 85 del 2013) e uscitone "illeso", questa volta ad essere stato sottoposto al vaglio della Corte costituzionale è stato il decreto del 2015, ora dichiarato non conforme a Costituzione. Nel saggio, dunque, si vagliano le connesse problematiche derivanti dall'applicazione di una misura cautelare reale e le esigenze di prosecuzione dell'attività d'impresa.
2018
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