Il brand di destinazione rappresenta un asset fondamentale per la competizione tra territori (Hanna and Rowley, 2015; Baker and Cameron, 2008; Hankinson, 2007; Kerr, 2006; Gnoth, 2002; Morgan et al., 2002; Buhalis, 2000; Ritchie and Ritchie, 1998). Ciò è ancor più vero nel contesto attuale di consumo turistico, nel quale la dimensione esperienziale è divenuta predominante (Forlani, 2018; Adhikari and Bhattacharya, 2016; Pencarelli e Forlani, 2016; Neuhofer et al., 2014; Rageh et al., 2013; Morgan et al., 2009; Volo, 2009; Andersson, 2007). Ciononostante, appare molto difficoltoso applicare strategie condivise ed efficaci di branding, soprattutto in contesti nei quali l’offerta turistica è frammentata e dove vi è mancanza di cooperazione tra gli attori locali (Raisi et al., 2017; Della Corte and D’Aria, 2016; Aureli and Forlani, 2016; Baggio and Del Chiappa, 2014; Del Chiappa and Presenza, 2013; Bonetti et al., 2006). L'obiettivo della ricerca è analizzare il caso di Orvieto, una città umbra ricca di storia e arte. Il caso in oggetto appare particolarmente significativo in quanto la DMO locale sta attualmente lavorando per costruire un marchio di destinazione in grado di integrare la città con tutto il territorio limitrofo classificato come “area interna”. Ciò significa trovare una corretta strategia di architettura del marchio, in grado di mettere in relazione il brand di destinazione in corso di definizione con i brand di singole imprese turistiche, i marchi dei prodotti (esperienze turistiche), nonché di paesi e città confinanti con Orvieto. La letteratura manageriale si è occupata abbondantemente del tema del brand management, anche nei casi di governo delle destinazioni turistiche (Splendiani, 2017). In tali contesti, il marchio non ha sempre un'architettura coerente e deliberata ma risulta spesso come il risultato di politiche individuali dei singoli operatori locali. La creazione di una strategia condivisa di destination brand richiede, al contrario, la gestione dell’intero portafoglio di marchi al fine di chiarire ruoli e relazioni tra di essi (Aaker e Joachimstahler, 2000; Chailan, 2013). D’altronde, l’attività di destination branding rappresenta il "tentativo" di chi governa la destinazione di influenzare il processo di scelta da parte dei turisti. A tale scopo, è importante seguire un’attenta strategia di branding che si sviluppa nelle seguenti fasi: - identificazione degli elementi distintivi della destinazione (Brand Identity); - definizione della proposta di valore (quali benefici posso e voglio offrire?); - definizione delle politiche operative (ad esempio disciplinare di utilizzo); - monitoraggio dei risultati. Nel caso dei brand territorali, inoltre, essendo entità complesse poiché governate da più soggetti con interessi e obiettivi spesso non coincidenti, vi sono ulteriori elementi da prendere in considerazione, come ad esempio: - la delimitazione dei confini geografici (quale area geografica rappresenta una destinazione? Esiste un DMO? È riconoscibile dalla domanda turistica?); - l’analisi del marchio emergente (Anholt, 2007), ovvero dei contenuti simbolici e valoriali già percepiti dai pubblici precedentemente all’attività di comunicazione pianificata, percezione diffusa propria di ogni territorio in quanto tale; - la gestione del portafoglio marchi, essendo quelli associabili ad una destinazione in realtà una moltitudine, spesso governati da diversi soggetti e afferenti ad entità diverse come il territorio, le attrazioni, le imprese, i prodotti turistici, gli eventi, ecc. L'analisi proposta è di tipo esplorativo ed ha lo scopo di capire quale modalità di gestione dell'architettura del marchio può essere utilizzata nei casi di destinazioni turistiche frammentate che fanno parte di più contesti amministrativi e con attori scarsamente collaborativi. Il caso studio di Orvieto (città di grande importanza storica, artistica e culturale, situata nella regione Umbria), è stato scelto, oltre per la presenza di un’amministrazione avete la volontà di creare un brand di destinazione, per caratteristiche strutturali come la qualità delle attrazioni (Cattedrale, Pozzo di San Patrizio e vino e cibo) e particolari caratteristiche del sistema locale (diversi piccoli operatori). In definitiva Orvieto è un ottimo esempio di un luogo con una notevole potenzialità turistica non sufficientemente sfruttata, con risultati inferiori (arrivi, pernottamenti e visibilità internazionale) rispetto a destinazioni dello stesso livello (es. Piccole città della Toscana: Montepulciano, Montalcino, Pienza, Chianti, ecc.). Queste caratteristiche lo rendono un caso ideale per studiare le politiche relative all'architettura del marchio (Aureli e Forlani, 2016; Chailan, 2013; Moilanen, 2008; Uggla, 2006; Dooley and Bowie, 2005; Aaker, 2004; Aaker and Joachimsthaler, 2000). L'analisi è sviluppata attraverso tre diversi approcci: - analisi desk (contenuti pubblicati sui siti web delle amministrazioni comunali e delle imprese turistiche; portali turistici locali, contenuti disponibili su tripadvisor e OTA); - interviste approfondite (3 per public maker e 10 per stakeholder privati); - focus group (3) con i responsabili delle politiche di comunicazione (pubblico: Sindaco di Orvieto, Ministro Regionale della Regione Umbria, privato: gestori di hotel, b & b, agriturismo, country house). Lo studio ha preso avvio nel corso del 2017 e può definirsi ancora in corso. L'analisi dei flussi turistici (arrivi, presenza, pernottamento medio e occupazione delle camere) conferma che Orvieto non ha lo stesso successo delle vicine città toscane con dimensioni simili e attrazioni simili. A seguito delle interviste in profondità, infatti, emerge come tutti gli attori siano concordi nel dichiarare: - che il marchio di Orvieto risulta debole rispetto alle destinazioni toscane, a causa di inefficaci attività di promozione turistica; - che vi è la mancanza di coordinamento e condivisione delle politiche di comunicazione; - che gli attori privati preferiscono agire individualmente, senza riconoscere la leadership dell'ente pubblico; - che l'ente pubblico non ha definito e formalizzato una politica del marchio. L'analisi dei siti web conferma la mancanza di collegamenti degli operatori privati con i marchi ufficiali creati o selezionati dall'ente governativo locale, non essendo – questi ultimi – mai presenti nei siti web delle strutture ricettive. Dallo studio emerge chiaramente come la destinazione Orvieto presenti attualmente un gap di comunicazione turistica rispetto a destinazioni geograficamente vicine e idealmente concorrenti. In tal senso, la ricerca identifica una possibile connessione tra una gestione inadeguata dell'architettura del marchio di destinazione e una prestazione inferiore alle potenzialità. Ciò è confermato dal fatto che non sia rivedibile un leader riconosciuto del brand di destinazione, non esiste un'architettura del marchio definita né una strategia di marchio formalizzata (nessun obiettivo, nessuna attività di monitoraggio, ecc.). Trattasi tuttavia di una ricerca è esplorativa e limitata a un caso italiano, peraltro ancora da considerarsi in progress e che necessita di ulteriori approfondimenti e di analisi. In tal senso anche la letteratura in tema di destination branding dovrà sempre più indirizzarsi verso la soluzione di problematiche manageriali legate all’applicazione di contenuti teorici in considerazione della cultura locale, specialmente in presenza di realtà frammentate e non collaborative

Destination branding e sistemi turistici “frammentati”: il caso di Orvieto

Fabio Forlani;Simone Splendiani
2018

Abstract

Il brand di destinazione rappresenta un asset fondamentale per la competizione tra territori (Hanna and Rowley, 2015; Baker and Cameron, 2008; Hankinson, 2007; Kerr, 2006; Gnoth, 2002; Morgan et al., 2002; Buhalis, 2000; Ritchie and Ritchie, 1998). Ciò è ancor più vero nel contesto attuale di consumo turistico, nel quale la dimensione esperienziale è divenuta predominante (Forlani, 2018; Adhikari and Bhattacharya, 2016; Pencarelli e Forlani, 2016; Neuhofer et al., 2014; Rageh et al., 2013; Morgan et al., 2009; Volo, 2009; Andersson, 2007). Ciononostante, appare molto difficoltoso applicare strategie condivise ed efficaci di branding, soprattutto in contesti nei quali l’offerta turistica è frammentata e dove vi è mancanza di cooperazione tra gli attori locali (Raisi et al., 2017; Della Corte and D’Aria, 2016; Aureli and Forlani, 2016; Baggio and Del Chiappa, 2014; Del Chiappa and Presenza, 2013; Bonetti et al., 2006). L'obiettivo della ricerca è analizzare il caso di Orvieto, una città umbra ricca di storia e arte. Il caso in oggetto appare particolarmente significativo in quanto la DMO locale sta attualmente lavorando per costruire un marchio di destinazione in grado di integrare la città con tutto il territorio limitrofo classificato come “area interna”. Ciò significa trovare una corretta strategia di architettura del marchio, in grado di mettere in relazione il brand di destinazione in corso di definizione con i brand di singole imprese turistiche, i marchi dei prodotti (esperienze turistiche), nonché di paesi e città confinanti con Orvieto. La letteratura manageriale si è occupata abbondantemente del tema del brand management, anche nei casi di governo delle destinazioni turistiche (Splendiani, 2017). In tali contesti, il marchio non ha sempre un'architettura coerente e deliberata ma risulta spesso come il risultato di politiche individuali dei singoli operatori locali. La creazione di una strategia condivisa di destination brand richiede, al contrario, la gestione dell’intero portafoglio di marchi al fine di chiarire ruoli e relazioni tra di essi (Aaker e Joachimstahler, 2000; Chailan, 2013). D’altronde, l’attività di destination branding rappresenta il "tentativo" di chi governa la destinazione di influenzare il processo di scelta da parte dei turisti. A tale scopo, è importante seguire un’attenta strategia di branding che si sviluppa nelle seguenti fasi: - identificazione degli elementi distintivi della destinazione (Brand Identity); - definizione della proposta di valore (quali benefici posso e voglio offrire?); - definizione delle politiche operative (ad esempio disciplinare di utilizzo); - monitoraggio dei risultati. Nel caso dei brand territorali, inoltre, essendo entità complesse poiché governate da più soggetti con interessi e obiettivi spesso non coincidenti, vi sono ulteriori elementi da prendere in considerazione, come ad esempio: - la delimitazione dei confini geografici (quale area geografica rappresenta una destinazione? Esiste un DMO? È riconoscibile dalla domanda turistica?); - l’analisi del marchio emergente (Anholt, 2007), ovvero dei contenuti simbolici e valoriali già percepiti dai pubblici precedentemente all’attività di comunicazione pianificata, percezione diffusa propria di ogni territorio in quanto tale; - la gestione del portafoglio marchi, essendo quelli associabili ad una destinazione in realtà una moltitudine, spesso governati da diversi soggetti e afferenti ad entità diverse come il territorio, le attrazioni, le imprese, i prodotti turistici, gli eventi, ecc. L'analisi proposta è di tipo esplorativo ed ha lo scopo di capire quale modalità di gestione dell'architettura del marchio può essere utilizzata nei casi di destinazioni turistiche frammentate che fanno parte di più contesti amministrativi e con attori scarsamente collaborativi. Il caso studio di Orvieto (città di grande importanza storica, artistica e culturale, situata nella regione Umbria), è stato scelto, oltre per la presenza di un’amministrazione avete la volontà di creare un brand di destinazione, per caratteristiche strutturali come la qualità delle attrazioni (Cattedrale, Pozzo di San Patrizio e vino e cibo) e particolari caratteristiche del sistema locale (diversi piccoli operatori). In definitiva Orvieto è un ottimo esempio di un luogo con una notevole potenzialità turistica non sufficientemente sfruttata, con risultati inferiori (arrivi, pernottamenti e visibilità internazionale) rispetto a destinazioni dello stesso livello (es. Piccole città della Toscana: Montepulciano, Montalcino, Pienza, Chianti, ecc.). Queste caratteristiche lo rendono un caso ideale per studiare le politiche relative all'architettura del marchio (Aureli e Forlani, 2016; Chailan, 2013; Moilanen, 2008; Uggla, 2006; Dooley and Bowie, 2005; Aaker, 2004; Aaker and Joachimsthaler, 2000). L'analisi è sviluppata attraverso tre diversi approcci: - analisi desk (contenuti pubblicati sui siti web delle amministrazioni comunali e delle imprese turistiche; portali turistici locali, contenuti disponibili su tripadvisor e OTA); - interviste approfondite (3 per public maker e 10 per stakeholder privati); - focus group (3) con i responsabili delle politiche di comunicazione (pubblico: Sindaco di Orvieto, Ministro Regionale della Regione Umbria, privato: gestori di hotel, b & b, agriturismo, country house). Lo studio ha preso avvio nel corso del 2017 e può definirsi ancora in corso. L'analisi dei flussi turistici (arrivi, presenza, pernottamento medio e occupazione delle camere) conferma che Orvieto non ha lo stesso successo delle vicine città toscane con dimensioni simili e attrazioni simili. A seguito delle interviste in profondità, infatti, emerge come tutti gli attori siano concordi nel dichiarare: - che il marchio di Orvieto risulta debole rispetto alle destinazioni toscane, a causa di inefficaci attività di promozione turistica; - che vi è la mancanza di coordinamento e condivisione delle politiche di comunicazione; - che gli attori privati preferiscono agire individualmente, senza riconoscere la leadership dell'ente pubblico; - che l'ente pubblico non ha definito e formalizzato una politica del marchio. L'analisi dei siti web conferma la mancanza di collegamenti degli operatori privati con i marchi ufficiali creati o selezionati dall'ente governativo locale, non essendo – questi ultimi – mai presenti nei siti web delle strutture ricettive. Dallo studio emerge chiaramente come la destinazione Orvieto presenti attualmente un gap di comunicazione turistica rispetto a destinazioni geograficamente vicine e idealmente concorrenti. In tal senso, la ricerca identifica una possibile connessione tra una gestione inadeguata dell'architettura del marchio di destinazione e una prestazione inferiore alle potenzialità. Ciò è confermato dal fatto che non sia rivedibile un leader riconosciuto del brand di destinazione, non esiste un'architettura del marchio definita né una strategia di marchio formalizzata (nessun obiettivo, nessuna attività di monitoraggio, ecc.). Trattasi tuttavia di una ricerca è esplorativa e limitata a un caso italiano, peraltro ancora da considerarsi in progress e che necessita di ulteriori approfondimenti e di analisi. In tal senso anche la letteratura in tema di destination branding dovrà sempre più indirizzarsi verso la soluzione di problematiche manageriali legate all’applicazione di contenuti teorici in considerazione della cultura locale, specialmente in presenza di realtà frammentate e non collaborative
2018
978-88-943918-2-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1447011
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