Questo lavoro ha l’intento di proporre, attraverso la teoria dell’immagine, una comparazione tra la gnoseologia fenomenologica di Edith Stein e la conoscenza di Dio nella Teologia mistica di Dionigi l’Areopagita. Riflettendo sul senso di tale opera, Stein infatti rileva che secondo Dionigi la conoscenza di Dio conduce inevitabilmente alla scoperta del bisogno di ricercare Dio “affidandosi” ad un potenziamento dei loro strumenti conoscitivi, finiti e limitati mediante le immagini che Dio stesso offre di Sé alle sue creature, direttamente o indirettamente. Tali immagini che tanto ruolo hanno nella “apprensione” di Dio e che, in una prima fase, sono indirette o mediate e comunicate mediante parole e simboli di significato, divengono poi, nella conoscenza mistica, le intuizioni proprie di una visione diretta. In tale visione immediata di Dio, le immagini conducono tuttavia ad una impossibilità della parola umana e, al contempo, ad una nuova possibilità “di dire” da parte dell’immagine generata direttamente dalla Presenza, con un linguaggio non più umano. Come se, tradotto in termini fenomenologici, “il darsi” della visione fosse, di fatto, visione di una essenza trascendente che, “presentandosi” spontaneamente alla coscienza intenzionale, ricettiva e capace di intendere, si “dicesse” così “nel suo modo” con il suo contenuto di eccedenza. Secondo quanto la fenomenologia stessa insegna, allora, la visione diretta, il ritorno all’offerenza di ciò che si presenta, sembra condurre all’apprensione di un’essenza che, seppure intenzionalmente legata a chi può e vuole afferrarla, “si presenta” come quel sostrato iletico a se stante, il cui fondamentale carattere è di “rimandare oltre” la presentazione stessa ad una fonte di senso, in tutto e per tutto, originaria e trascendente rispetto all’apprensione e alla “traduzione” in immagine (o, per dirla fenomenologicamente, di riempimento di significato) di chi l’afferra.

L'ordine della conoscenza di Dionigi e le possibilità dell'immaginazione, secondo Edith Stein

Nicoletta Ghigi
2019

Abstract

Questo lavoro ha l’intento di proporre, attraverso la teoria dell’immagine, una comparazione tra la gnoseologia fenomenologica di Edith Stein e la conoscenza di Dio nella Teologia mistica di Dionigi l’Areopagita. Riflettendo sul senso di tale opera, Stein infatti rileva che secondo Dionigi la conoscenza di Dio conduce inevitabilmente alla scoperta del bisogno di ricercare Dio “affidandosi” ad un potenziamento dei loro strumenti conoscitivi, finiti e limitati mediante le immagini che Dio stesso offre di Sé alle sue creature, direttamente o indirettamente. Tali immagini che tanto ruolo hanno nella “apprensione” di Dio e che, in una prima fase, sono indirette o mediate e comunicate mediante parole e simboli di significato, divengono poi, nella conoscenza mistica, le intuizioni proprie di una visione diretta. In tale visione immediata di Dio, le immagini conducono tuttavia ad una impossibilità della parola umana e, al contempo, ad una nuova possibilità “di dire” da parte dell’immagine generata direttamente dalla Presenza, con un linguaggio non più umano. Come se, tradotto in termini fenomenologici, “il darsi” della visione fosse, di fatto, visione di una essenza trascendente che, “presentandosi” spontaneamente alla coscienza intenzionale, ricettiva e capace di intendere, si “dicesse” così “nel suo modo” con il suo contenuto di eccedenza. Secondo quanto la fenomenologia stessa insegna, allora, la visione diretta, il ritorno all’offerenza di ciò che si presenta, sembra condurre all’apprensione di un’essenza che, seppure intenzionalmente legata a chi può e vuole afferrarla, “si presenta” come quel sostrato iletico a se stante, il cui fondamentale carattere è di “rimandare oltre” la presentazione stessa ad una fonte di senso, in tutto e per tutto, originaria e trascendente rispetto all’apprensione e alla “traduzione” in immagine (o, per dirla fenomenologicamente, di riempimento di significato) di chi l’afferra.
2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1451140
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