In a far–seeing article published in Domus in September 1994, Franco Purini identified the ‘disappearance of the original’ as one of the intellectual questions posed by “the development of computer science applied to the representation of architecture”. The technical capability to reproduce works of art (and items of cultural heritage in general), thus freezing their appearance at a given moment in time, would apparently bring about a sort of immediate degradation of their value, as if the value of the original were partly lost to its replica and absorbed by it. Furthermore, such replication can be repeated indefinitely, with the effect of progressively abstracting most of the intrinsic value of the original itself, hypothetically to the extent of confusing it (one among many) amidst its myriad likenesses. Indeed, the independent character of such replicas can be so powerful that we could envisage their effective survival even in the absence of the originals themselves: we envisage the copy effectively taking over its model, replacing it in every role and functional context. But it is precisely in this ‘stand–alone’ quality of the replica with respect to its original that resides its potential as a ‘multiplier of memory’: having established a filial relationship with its model, it preserves the original’s identity while simultaneously transforming it and giving it substance, in perfect adherence to the profound meaning of the term ‘representation’. By ‘re–presenting’ the original, the replica projects its qualities in a new way. While manifestly differing from the model, the replica does not depreciate it; rather it adds layers of meaning and a deeper acquaintance, acquiring for itself the accolade of originality. This study lays down a critical framework for the theme of the reproduction of images (and architectural objects) in the digital age, expounding its scope by referencing a number of selected examples. In un articolo pubblicato su Domus nel settembre 1994, Franco Purini elencava la “scomparsa dell’originale” tra le questioni intellettuali generate «dallo sviluppo delle risorse informatiche applicate alla rappresentazione dell’architettura». La possibilità tecnica di riprodurre opere d’arte (e beni culturali in generale) cristallizzandone l’aspetto in un determinato istante temporale sembra infatti determinarne una sorta di svalutazione immediata, come se il valore dell’originale venisse in parte trasferito alla sua replica e da essa assorbito. Inoltre, la duplicazione può essere effettuata per un numero di volte potenzialmente illimitato, con l’effetto di sottrarre progressivamente all’originale gran parte del suo valore intrinseco e di giungere ipoteticamente a confonderlo (uno fra tante) tra le sue riproduzioni. Anzi, la valenza autonoma di tali riproduzioni può essere talmente potente da prefigurare una loro efficace sopravvivenza anche in assenza dell’originale: la copia subentra a tutti gli effetti al suo modello, sostituendolo in ogni contesto e per ogni funzione. Ma è proprio in questa “vita autonoma” intrapresa dalla replica rispetto al suo originale che risiede il suo potenziale di “moltiplicatore di memoria”: essa, instaurata una relazione filiale con il suo modello, ne conserva l’identità e al contempo la trasforma e la attualizza, aderendo perfettamente al significato profondo del termine “rappresentazione”. Ri–presentando l’originale, la replica ne esibisce le qualità in maniera inedita; proprio laddove si distingue dal modello non lo svaluta ma vi aggiunge strati di senso e livelli di conoscenza ulteriori, acquisendo essa stessa il crisma dell’originalità. Il contributo inquadra criticamente il tema della riproduzione dell’immagine (così come dell’oggetto architettonico) nell’epoca digitale, esemplificandone la portata attraverso il riferimento ad alcuni esempi selezionati.

Reproduce to preserve. From the disappearance of the original to the multiplied memory - Riprodurre per conservare. Dalla scomparsa dell’originale alla memoria moltiplicata

Valeria Menchetelli
2019

Abstract

In a far–seeing article published in Domus in September 1994, Franco Purini identified the ‘disappearance of the original’ as one of the intellectual questions posed by “the development of computer science applied to the representation of architecture”. The technical capability to reproduce works of art (and items of cultural heritage in general), thus freezing their appearance at a given moment in time, would apparently bring about a sort of immediate degradation of their value, as if the value of the original were partly lost to its replica and absorbed by it. Furthermore, such replication can be repeated indefinitely, with the effect of progressively abstracting most of the intrinsic value of the original itself, hypothetically to the extent of confusing it (one among many) amidst its myriad likenesses. Indeed, the independent character of such replicas can be so powerful that we could envisage their effective survival even in the absence of the originals themselves: we envisage the copy effectively taking over its model, replacing it in every role and functional context. But it is precisely in this ‘stand–alone’ quality of the replica with respect to its original that resides its potential as a ‘multiplier of memory’: having established a filial relationship with its model, it preserves the original’s identity while simultaneously transforming it and giving it substance, in perfect adherence to the profound meaning of the term ‘representation’. By ‘re–presenting’ the original, the replica projects its qualities in a new way. While manifestly differing from the model, the replica does not depreciate it; rather it adds layers of meaning and a deeper acquaintance, acquiring for itself the accolade of originality. This study lays down a critical framework for the theme of the reproduction of images (and architectural objects) in the digital age, expounding its scope by referencing a number of selected examples. In un articolo pubblicato su Domus nel settembre 1994, Franco Purini elencava la “scomparsa dell’originale” tra le questioni intellettuali generate «dallo sviluppo delle risorse informatiche applicate alla rappresentazione dell’architettura». La possibilità tecnica di riprodurre opere d’arte (e beni culturali in generale) cristallizzandone l’aspetto in un determinato istante temporale sembra infatti determinarne una sorta di svalutazione immediata, come se il valore dell’originale venisse in parte trasferito alla sua replica e da essa assorbito. Inoltre, la duplicazione può essere effettuata per un numero di volte potenzialmente illimitato, con l’effetto di sottrarre progressivamente all’originale gran parte del suo valore intrinseco e di giungere ipoteticamente a confonderlo (uno fra tante) tra le sue riproduzioni. Anzi, la valenza autonoma di tali riproduzioni può essere talmente potente da prefigurare una loro efficace sopravvivenza anche in assenza dell’originale: la copia subentra a tutti gli effetti al suo modello, sostituendolo in ogni contesto e per ogni funzione. Ma è proprio in questa “vita autonoma” intrapresa dalla replica rispetto al suo originale che risiede il suo potenziale di “moltiplicatore di memoria”: essa, instaurata una relazione filiale con il suo modello, ne conserva l’identità e al contempo la trasforma e la attualizza, aderendo perfettamente al significato profondo del termine “rappresentazione”. Ri–presentando l’originale, la replica ne esibisce le qualità in maniera inedita; proprio laddove si distingue dal modello non lo svaluta ma vi aggiunge strati di senso e livelli di conoscenza ulteriori, acquisendo essa stessa il crisma dell’originalità. Il contributo inquadra criticamente il tema della riproduzione dell’immagine (così come dell’oggetto architettonico) nell’epoca digitale, esemplificandone la portata attraverso il riferimento ad alcuni esempi selezionati.
2019
XY
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1459892
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