Un paese segnato, non da oggi, da un familismo amorale (il concetto, come noto, è di E.C. Banfield, 1958; su meccanismi e legami sociali si veda anche M.Granovetter, 1973 e J. J. S. Coleman, 1990), da meccanismi feudali e corporativi metastatici e dalla ben nota “questione culturale ed educativa”. Me ne occupo e ne parlo da oltre vent’anni! E, nel tentativo di contrastare (?) certe derive sociali e culturali, rilevo, da sempre, come non esista settore della vita pubblica e/o associativa in cui non si assista/non si sia assistito alla continua, costante, periodica, sistematica, (per certi versi) ossessiva, proliferazione di leggi, normative, codici deontologici, linee guida, manifesti, criteri, parametri, mediane, valori quantitativi, indicatori, che, presentati e raccontati come “oggettivi”, neutri e neutrali, in quanto definiti da “esperti” (?) e costruiti su criteri “quantitativi”, hanno/avrebbero/avrebbero avuto la funzione e devono/dovrebbero/avrebbero dovuto garantire – ripeto in tutti settori della vita pubblica, e non solo nell’Università – quanto meno una maggiore imparzialità, obiettività, oggettività, trasparenza, correttezza, universalità nei processi di selezione e valutazione (non soltanto); concetti-chiave, principi, valori e dimensioni che avrebbero dovuto/dovrebbero ridurre al minimo i rischi e le possibilità di un “libero arbitrio”, senza limiti, mai pienamente autonomo, spesso arrogante e presuntuoso, legato a meccanismi di potere, di dominio, di controllo, di ricatto (sistemico). Questo Paese continua a credere (?) che sia sempre e soltanto il Legislatore a poter/dover dare “soluzioni” (magari, “semplici” e durature) ai problemi (complessi). Anche questa, vecchia, vecchissima questione: da sempre, non si lavora o, meglio, si continua volutamente a non lavorare sui fattori sociali e culturali che legittimano e tengono in vita certi “sistemi”/ecosistemi. Questione culturale ed educativa. Lungo, lunghissimo periodo.

La Società feudale del dominio e dell’arbitrio iper-normato**. Ancora sulla (vecchia) questione culturale

Piero Dominici
2021

Abstract

Un paese segnato, non da oggi, da un familismo amorale (il concetto, come noto, è di E.C. Banfield, 1958; su meccanismi e legami sociali si veda anche M.Granovetter, 1973 e J. J. S. Coleman, 1990), da meccanismi feudali e corporativi metastatici e dalla ben nota “questione culturale ed educativa”. Me ne occupo e ne parlo da oltre vent’anni! E, nel tentativo di contrastare (?) certe derive sociali e culturali, rilevo, da sempre, come non esista settore della vita pubblica e/o associativa in cui non si assista/non si sia assistito alla continua, costante, periodica, sistematica, (per certi versi) ossessiva, proliferazione di leggi, normative, codici deontologici, linee guida, manifesti, criteri, parametri, mediane, valori quantitativi, indicatori, che, presentati e raccontati come “oggettivi”, neutri e neutrali, in quanto definiti da “esperti” (?) e costruiti su criteri “quantitativi”, hanno/avrebbero/avrebbero avuto la funzione e devono/dovrebbero/avrebbero dovuto garantire – ripeto in tutti settori della vita pubblica, e non solo nell’Università – quanto meno una maggiore imparzialità, obiettività, oggettività, trasparenza, correttezza, universalità nei processi di selezione e valutazione (non soltanto); concetti-chiave, principi, valori e dimensioni che avrebbero dovuto/dovrebbero ridurre al minimo i rischi e le possibilità di un “libero arbitrio”, senza limiti, mai pienamente autonomo, spesso arrogante e presuntuoso, legato a meccanismi di potere, di dominio, di controllo, di ricatto (sistemico). Questo Paese continua a credere (?) che sia sempre e soltanto il Legislatore a poter/dover dare “soluzioni” (magari, “semplici” e durature) ai problemi (complessi). Anche questa, vecchia, vecchissima questione: da sempre, non si lavora o, meglio, si continua volutamente a non lavorare sui fattori sociali e culturali che legittimano e tengono in vita certi “sistemi”/ecosistemi. Questione culturale ed educativa. Lungo, lunghissimo periodo.
2021
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