Quella proposta è un’ipotesi ermeneutica del fatto criminoso di c.d. caporalato che fa una precisa scelta epistemologica. Non si affida “ciecamente” alla credenza critica dei precari studi di settore, a sentire la quale l’attuale disciplina, scritta con le parole dell’art. 603 bis c.p., rimane afflitta da una tipicità debole ed al contempo in grado di mettere al centro della tutela la persona e la sua indefinita dignità. Parte diversa, riappropriandosi del primato della visione penal-costituzionale, senza acconten-tarsi del comune inquadramento dominato da spunti di studi sociologici “mal visti”, ma credendo “sul serio” che il caporalato postmoderno sia un fenomeno nato sociale per rimanere (in un certo senso) tale; che snaturi il senso stesso del lavoro, voluto umano dalla Costituzione, giungendo a snaturare le relazioni di partecipazione sociale sottostanti; che quest’ultime abbiano origini materiali e insieme culturali, e convergano direttamente nella struttura dei delitti al vaglio dandogli una linea ed uno spes-sore non abbreviati alla condotta del “caporale” ma saturati col senso dell’umana individualità di chi lavora. Si arriva ad un confine che allarga la maglia della fattispecie dentro un tipo speciale – diverso – di Servitù, conducendola sempre ad un evento, e sempre ad un evento che abbia necessariamente un unico senso: trasformare la persona “costituzionale” nel suo esatto contrario, un homo cui rimane, dopo il lavoro, solo la tanta fatica di essere faber.
Miseria e Nobiltà di un homo faber. Rie-labor-azioni di un osservatore penale.
D. Falcinelli
2022
Abstract
Quella proposta è un’ipotesi ermeneutica del fatto criminoso di c.d. caporalato che fa una precisa scelta epistemologica. Non si affida “ciecamente” alla credenza critica dei precari studi di settore, a sentire la quale l’attuale disciplina, scritta con le parole dell’art. 603 bis c.p., rimane afflitta da una tipicità debole ed al contempo in grado di mettere al centro della tutela la persona e la sua indefinita dignità. Parte diversa, riappropriandosi del primato della visione penal-costituzionale, senza acconten-tarsi del comune inquadramento dominato da spunti di studi sociologici “mal visti”, ma credendo “sul serio” che il caporalato postmoderno sia un fenomeno nato sociale per rimanere (in un certo senso) tale; che snaturi il senso stesso del lavoro, voluto umano dalla Costituzione, giungendo a snaturare le relazioni di partecipazione sociale sottostanti; che quest’ultime abbiano origini materiali e insieme culturali, e convergano direttamente nella struttura dei delitti al vaglio dandogli una linea ed uno spes-sore non abbreviati alla condotta del “caporale” ma saturati col senso dell’umana individualità di chi lavora. Si arriva ad un confine che allarga la maglia della fattispecie dentro un tipo speciale – diverso – di Servitù, conducendola sempre ad un evento, e sempre ad un evento che abbia necessariamente un unico senso: trasformare la persona “costituzionale” nel suo esatto contrario, un homo cui rimane, dopo il lavoro, solo la tanta fatica di essere faber.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.