Il saggio analizza le rappresentazioni della corruzione offerte dal cinema italiano e da quello americano dal secondo dopoguerra a oggi. Nel cinema italiano il tema della corruzione è trattato costantemente nel periodo d’indagine, sia in film che hanno segnato la storia del cinema per la loro eccellenza artistica che in film di livello di qualità meno elevato ma di grande successo di pubblico: a partire da Anni difficili (Zampa 1948), Le mani sulla città (Rosi 1963), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Petri 1970), tanto per citare solo alcune pietre miliari, fino ai più recenti Il venditore di medicine (Morabito 2013) e perfino L’ora legale (Ficarra e Picone 2017), la filmografia italiana sulla corruzione politica conta una quantità importante di titoli. Ricca anche la produzione americana e costante nel corso degli anni: a partire da The Bribe (Leonard 1949), Serpico (Lumet 1973), Prince of the City (Lumet 1982), City Hall (Becker 1996), fino a Kill the Messenger (Cuesta 2014), per citare soltanto qualche titolo. Dall’analisi dei film emergono con sorprendente continuità due rappresentazioni completamente diverse della corruzione: il cinema italiano mette in scena la corruzione come meccanismo intrinseco al funzionamento delle istituzioni pubbliche, pervasivo e impossibile da smantellare. Al contrario nel cinema americano l’episodio di corruzione è rappresentato come un evento che interrompe una normalità onesta e il personaggio che sfida i corrotti ricopre il ruolo narrativo dell’eroe e risulta vincente nella pressoché totalità dei casi esaminati. Si tratta dunque di due rappresentazioni della corruzione che appartengono a paradigmi culturali completamente diversi e, pur nella consapevolezza che gli effetti dei contenuti diffusi dai media siano complessi, appare lecito ipotizzare che i film italiani concorrano a rafforzare una visione del mondo in cui il fenomeno della corruzione sia ineluttabile e dunque a promuovere un’etica civica del “così fan tutti”, a differenza dei film americani che invece forniscono modelli positivi di lotta alla corruzione. Nella ricerca è stato analizzato un corpus di circa 200 film, selezionati secondo i criteri della rilevanza qualitativa e/o del successo di pubblico. Il metodo usato è quello dell’analisi documentaria.
Il sistema e la linea. La rappresentazione della corruzione nel cinema italiano e americano.
giuseppina Bonerba
2021
Abstract
Il saggio analizza le rappresentazioni della corruzione offerte dal cinema italiano e da quello americano dal secondo dopoguerra a oggi. Nel cinema italiano il tema della corruzione è trattato costantemente nel periodo d’indagine, sia in film che hanno segnato la storia del cinema per la loro eccellenza artistica che in film di livello di qualità meno elevato ma di grande successo di pubblico: a partire da Anni difficili (Zampa 1948), Le mani sulla città (Rosi 1963), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Petri 1970), tanto per citare solo alcune pietre miliari, fino ai più recenti Il venditore di medicine (Morabito 2013) e perfino L’ora legale (Ficarra e Picone 2017), la filmografia italiana sulla corruzione politica conta una quantità importante di titoli. Ricca anche la produzione americana e costante nel corso degli anni: a partire da The Bribe (Leonard 1949), Serpico (Lumet 1973), Prince of the City (Lumet 1982), City Hall (Becker 1996), fino a Kill the Messenger (Cuesta 2014), per citare soltanto qualche titolo. Dall’analisi dei film emergono con sorprendente continuità due rappresentazioni completamente diverse della corruzione: il cinema italiano mette in scena la corruzione come meccanismo intrinseco al funzionamento delle istituzioni pubbliche, pervasivo e impossibile da smantellare. Al contrario nel cinema americano l’episodio di corruzione è rappresentato come un evento che interrompe una normalità onesta e il personaggio che sfida i corrotti ricopre il ruolo narrativo dell’eroe e risulta vincente nella pressoché totalità dei casi esaminati. Si tratta dunque di due rappresentazioni della corruzione che appartengono a paradigmi culturali completamente diversi e, pur nella consapevolezza che gli effetti dei contenuti diffusi dai media siano complessi, appare lecito ipotizzare che i film italiani concorrano a rafforzare una visione del mondo in cui il fenomeno della corruzione sia ineluttabile e dunque a promuovere un’etica civica del “così fan tutti”, a differenza dei film americani che invece forniscono modelli positivi di lotta alla corruzione. Nella ricerca è stato analizzato un corpus di circa 200 film, selezionati secondo i criteri della rilevanza qualitativa e/o del successo di pubblico. Il metodo usato è quello dell’analisi documentaria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.