Per “ri-costruzione” del patrimonio si intende qui una forma di ricontestualizzazione e reinterpretazione dello stesso attraverso il progetto. Guardando ad alcune esperienze progettuali del Moderno nel mondo islamico, si possono identificare in particolare due diverse modalità operative. Nei confronti di una preesistenza storica forte, ma difficilmente leggibile nelle stratificazioni della struttura urbana o architettonica, il procedimento compositivo ha ricercato una sorta di “disvelamento narrati- vo”, attraverso la messa a sistema di tracce architettoniche più o meno evidenti; è questo il caso, per esempio, di alcune esperienze in Turchia. Di fronte, invece, alla mancanza o alla perdita di un patrimonio architettonico, conseguentemente a eventi catastrofici, si è ricorso alla creazione di architetture ex novo, che utilizzavano tipi e materiali tradizionali, seppur reinterpretati in chiave contemporanea, come è avvenuto nella Tunisia post-bellica. Proprio quest’ultima esperienza sarà oggetto di analisi più approfondita. La nozione di patrimonio è un concetto prettamente occidentale, che è stato importato, nel caso del Maghreb, dalle società coloniali. La promozione del patrimonio locale ha rappresentato anche un dispositivo di mantenimento della sicurezza sociale: da un lato strumento di propaganda, dall’altro motore di un possibile sviluppo economico, che incoraggiasse la crescita del turismo. Tuttavia, un team di architetti europei, guidati da Bernard Zehrfuss, operò nella Tunisia del dopoguerra attraverso una modalità di ricostruzione inedita, che si interfacciava con il patrimonio in maniera sperimentale: un repertorio di forme e figure, derivanti dall’architettura vernacolare, venne messo in opera attraverso tecniche costruttive tradizionali, ovviando così alla mancanza di manodopera specializzata e di materiali. Piuttosto che imporre modelli abitativi importati dall’Europa, vennero reimpiegati i tipi tradizionali e le loro proprietà spaziali furono reinterpretate anche per la costruzione di nuovi edifici pubblici, inediti nel contesto maghrebino.

Ri-costruire il Patrimonio. Esperienze di progetto nella Tunisia del dopoguerra

Eliana Martinelli
2019

Abstract

Per “ri-costruzione” del patrimonio si intende qui una forma di ricontestualizzazione e reinterpretazione dello stesso attraverso il progetto. Guardando ad alcune esperienze progettuali del Moderno nel mondo islamico, si possono identificare in particolare due diverse modalità operative. Nei confronti di una preesistenza storica forte, ma difficilmente leggibile nelle stratificazioni della struttura urbana o architettonica, il procedimento compositivo ha ricercato una sorta di “disvelamento narrati- vo”, attraverso la messa a sistema di tracce architettoniche più o meno evidenti; è questo il caso, per esempio, di alcune esperienze in Turchia. Di fronte, invece, alla mancanza o alla perdita di un patrimonio architettonico, conseguentemente a eventi catastrofici, si è ricorso alla creazione di architetture ex novo, che utilizzavano tipi e materiali tradizionali, seppur reinterpretati in chiave contemporanea, come è avvenuto nella Tunisia post-bellica. Proprio quest’ultima esperienza sarà oggetto di analisi più approfondita. La nozione di patrimonio è un concetto prettamente occidentale, che è stato importato, nel caso del Maghreb, dalle società coloniali. La promozione del patrimonio locale ha rappresentato anche un dispositivo di mantenimento della sicurezza sociale: da un lato strumento di propaganda, dall’altro motore di un possibile sviluppo economico, che incoraggiasse la crescita del turismo. Tuttavia, un team di architetti europei, guidati da Bernard Zehrfuss, operò nella Tunisia del dopoguerra attraverso una modalità di ricostruzione inedita, che si interfacciava con il patrimonio in maniera sperimentale: un repertorio di forme e figure, derivanti dall’architettura vernacolare, venne messo in opera attraverso tecniche costruttive tradizionali, ovviando così alla mancanza di manodopera specializzata e di materiali. Piuttosto che imporre modelli abitativi importati dall’Europa, vennero reimpiegati i tipi tradizionali e le loro proprietà spaziali furono reinterpretate anche per la costruzione di nuovi edifici pubblici, inediti nel contesto maghrebino.
2019
978-88-909054-8-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1546878
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