Negli ultimi anni si è assistito al progressivo affermarsi di una nuova sensibilità verso tematiche legate alla sostenibilità delle scelte, alle implicazioni sociali delle attività svolte e all’impatto di queste ultime nei territori di azione. La necessità di superare logiche esclusivamente economico-finanziarie e convergere verso sustainable business models è legata a numerose motivazioni, per lo più riconducibili a spinte di natura sociale e istituzionale (Bansal e Roth, 2000; Hoffman, 2001; Matten e Moon, 2008; Baker e Schaltegger, 2015). All’interno di questa “sustainability wave”, un tema centrale, non solo nel dibattito accademico ma anche tra gli operatori e le istituzioni, è costituito dal c.d. Social Impact Assessment (SIA), identificato, fin dalla sua origine Esteves et al., 2012), come un processo di gestione dell’impatto sociale in relazione a specifici interventi e progetti (Burdge e Vanclay, 1996; Burdge, 2003; Vanclay, 2020). All’interno del più ampio processo di responsabilizzazione e di legittimazione, il SIA riveste particolare rilevanza nel caso di investimenti in iniziative sociali e sostenibili e per le istituzioni che sostengono lo sviluppo delle attività locali e, più in generale, dei territori. In questo senso, le organizzazioni filantropiche e di beneficenza e, in particolare, le fondazioni dovrebbero essere coinvolte in questi processi di valutazione, poiché ‘ensuring donations are being spent in an effective and impactful manner is a moral obligation’ (Polonsky e Grau, 2011: 196), considerando anche che, grazie alla loro disponibilità di ingenti capitali, le fondazioni sono ‘better positioned than other nonprofit organizations to perform SIA’ (Ricciuti e Calò, 2018: 555). Le Fondazioni bancarie sono istituzioni di natura privata e rappresentano, in Italia, i principali operatori di filantropia e beneficenza (Boesso et al. 2015; Minguzzi et al. 2019), quindi attori centrali del sistema di welfare mix (AA.VV., 2005; Cabasino, 2005; Miccolis et al., 2018). Esse sono storicamente chiamate a sostenere, con i loro interventi, lo sviluppo sostenibile di territori, organizzazioni, imprese, finanziando settori eterogenei attraverso diverse forme, la maggior parte delle quali è costituita da attività filantropiche. Recentemente, anche la ACRI (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio), che riunisce in un network tutte le Fondazioni bancarie del territorio italiano, ha sottolineato la necessità di misurare l’attività filantropica dei propri membri (ACRI-MEF 2015) attraverso un’analisi ex-post degli interventi, “che consentano di ‘restituire’ alla comunità di riferimento” (p. 1) i risultati dell’impegno erogativo delle fondazioni medesime. Diversi studi hanno analizzato l’attività delle Fondazioni bancarie (Scandizzo, 1999; Crociata e Sacco, 2008; Benessia, 2010; Boesso et al., 2015; Minguzzi et al., 2019), ma, nonostante il loro ruolo fondamentale nei processi di sviluppo locale, non vi sono analisi empiriche sulla capacità di queste organizzazioni di selezionare “organizzazioni e iniziative meritevoli” e sull’efficacia dell’impatto della loro attività filantropica nella loro area di interesse, ad eccezione di un lavoro (Ricciuti e Calò, 2018) che ha esplorato i processi di impatto sociale, la loro misurazione e le principali barriere, sottolineando la necessità di ulteriori indagini sui processi di valutazione. Pertanto, partendo da un’analisi empirica delle organizzazioni coinvolte nei bandi annuali di una Fondazione bancaria e dei loro risultati in termini di iniziative, scopo di questo studio è presentare uno schema di valutazione quali-quantitativa dell’efficacia dell’erogazione della fondazione medesima attraverso il suo impatto sulle iniziative sostenute all’interno dei territori selezionati.
Come misurare la filantropia: una proposta di analisi dell’efficienza erogativa delle Fondazioni Bancarie
Picciaia Francesca
;Polinori Paolo
2023
Abstract
Negli ultimi anni si è assistito al progressivo affermarsi di una nuova sensibilità verso tematiche legate alla sostenibilità delle scelte, alle implicazioni sociali delle attività svolte e all’impatto di queste ultime nei territori di azione. La necessità di superare logiche esclusivamente economico-finanziarie e convergere verso sustainable business models è legata a numerose motivazioni, per lo più riconducibili a spinte di natura sociale e istituzionale (Bansal e Roth, 2000; Hoffman, 2001; Matten e Moon, 2008; Baker e Schaltegger, 2015). All’interno di questa “sustainability wave”, un tema centrale, non solo nel dibattito accademico ma anche tra gli operatori e le istituzioni, è costituito dal c.d. Social Impact Assessment (SIA), identificato, fin dalla sua origine Esteves et al., 2012), come un processo di gestione dell’impatto sociale in relazione a specifici interventi e progetti (Burdge e Vanclay, 1996; Burdge, 2003; Vanclay, 2020). All’interno del più ampio processo di responsabilizzazione e di legittimazione, il SIA riveste particolare rilevanza nel caso di investimenti in iniziative sociali e sostenibili e per le istituzioni che sostengono lo sviluppo delle attività locali e, più in generale, dei territori. In questo senso, le organizzazioni filantropiche e di beneficenza e, in particolare, le fondazioni dovrebbero essere coinvolte in questi processi di valutazione, poiché ‘ensuring donations are being spent in an effective and impactful manner is a moral obligation’ (Polonsky e Grau, 2011: 196), considerando anche che, grazie alla loro disponibilità di ingenti capitali, le fondazioni sono ‘better positioned than other nonprofit organizations to perform SIA’ (Ricciuti e Calò, 2018: 555). Le Fondazioni bancarie sono istituzioni di natura privata e rappresentano, in Italia, i principali operatori di filantropia e beneficenza (Boesso et al. 2015; Minguzzi et al. 2019), quindi attori centrali del sistema di welfare mix (AA.VV., 2005; Cabasino, 2005; Miccolis et al., 2018). Esse sono storicamente chiamate a sostenere, con i loro interventi, lo sviluppo sostenibile di territori, organizzazioni, imprese, finanziando settori eterogenei attraverso diverse forme, la maggior parte delle quali è costituita da attività filantropiche. Recentemente, anche la ACRI (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio), che riunisce in un network tutte le Fondazioni bancarie del territorio italiano, ha sottolineato la necessità di misurare l’attività filantropica dei propri membri (ACRI-MEF 2015) attraverso un’analisi ex-post degli interventi, “che consentano di ‘restituire’ alla comunità di riferimento” (p. 1) i risultati dell’impegno erogativo delle fondazioni medesime. Diversi studi hanno analizzato l’attività delle Fondazioni bancarie (Scandizzo, 1999; Crociata e Sacco, 2008; Benessia, 2010; Boesso et al., 2015; Minguzzi et al., 2019), ma, nonostante il loro ruolo fondamentale nei processi di sviluppo locale, non vi sono analisi empiriche sulla capacità di queste organizzazioni di selezionare “organizzazioni e iniziative meritevoli” e sull’efficacia dell’impatto della loro attività filantropica nella loro area di interesse, ad eccezione di un lavoro (Ricciuti e Calò, 2018) che ha esplorato i processi di impatto sociale, la loro misurazione e le principali barriere, sottolineando la necessità di ulteriori indagini sui processi di valutazione. Pertanto, partendo da un’analisi empirica delle organizzazioni coinvolte nei bandi annuali di una Fondazione bancaria e dei loro risultati in termini di iniziative, scopo di questo studio è presentare uno schema di valutazione quali-quantitativa dell’efficacia dell’erogazione della fondazione medesima attraverso il suo impatto sulle iniziative sostenute all’interno dei territori selezionati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.