Se il linguaggio è stato alla base della metafisica, almeno fino alla radicale riflessione compiuta da Nietzsche (1878), oggi sembra quanto mai necessario indagare questa parola in relazione al nostro tempo. Dopo un periodo storico segnato dal valore dell’immagine, sembra essere tornata la necessità della parola come strumento per “definire” in materia chiara le cose, ma anche “inventare” una nuova realtà, che descriva la complessità del mondo contemporaneo. Come si riflette tale bisogno nell’architettura? Nell’ambito dell’architettura italiana, la questione del linguaggio ha conosciuto una notevole fortuna nella seconda metà del Novecento. Bruno Zevi (1974) si propone di codificare un linguaggio moderno, anteposto a quello classico, mentre Giorgio Grassi (1988) definisce l’architettura come una lingua morta, in linea con il principio di una costruzione logica atta a rivelare sempre la verità. Un contributo importante è quello di Franco Purini, la cui reinvenzione del linguaggio è costantemente provata da disegni e progetti. Il saggio non propone un compendio di definizioni, piuttosto intende aprire a un’indagine sistemica sul linguaggio dell’architettura, o sull’architettura come linguaggio, ponendo tre punti di vista. In primis, il linguaggio come artificio, come convenzione utile a ricostruire la realtà, in relazione al tema dell’origine. In secondo luogo, il linguaggio come sistema di relazioni tra le parti, e dunque come sintassi. Infine, il linguaggio come interpretazione, nella sua accezione narrativa, ma anche traduttiva e inventiva.
Linguaggio
Eliana Martinelli
2023
Abstract
Se il linguaggio è stato alla base della metafisica, almeno fino alla radicale riflessione compiuta da Nietzsche (1878), oggi sembra quanto mai necessario indagare questa parola in relazione al nostro tempo. Dopo un periodo storico segnato dal valore dell’immagine, sembra essere tornata la necessità della parola come strumento per “definire” in materia chiara le cose, ma anche “inventare” una nuova realtà, che descriva la complessità del mondo contemporaneo. Come si riflette tale bisogno nell’architettura? Nell’ambito dell’architettura italiana, la questione del linguaggio ha conosciuto una notevole fortuna nella seconda metà del Novecento. Bruno Zevi (1974) si propone di codificare un linguaggio moderno, anteposto a quello classico, mentre Giorgio Grassi (1988) definisce l’architettura come una lingua morta, in linea con il principio di una costruzione logica atta a rivelare sempre la verità. Un contributo importante è quello di Franco Purini, la cui reinvenzione del linguaggio è costantemente provata da disegni e progetti. Il saggio non propone un compendio di definizioni, piuttosto intende aprire a un’indagine sistemica sul linguaggio dell’architettura, o sull’architettura come linguaggio, ponendo tre punti di vista. In primis, il linguaggio come artificio, come convenzione utile a ricostruire la realtà, in relazione al tema dell’origine. In secondo luogo, il linguaggio come sistema di relazioni tra le parti, e dunque come sintassi. Infine, il linguaggio come interpretazione, nella sua accezione narrativa, ma anche traduttiva e inventiva.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.