Questo articolo indaga i modi in cui attraverso le pratiche, i discorsi, le sensorialità, le emozioni, gli affetti e i gusti connessi al cibo, i rifugiati e le rifugiate dall’Eritrea cercano di reinterpretare, addomesticare e, eventualmente, ribaltare alcune delle condizioni di precarietà, esclusione, oppressione e violenza in cui si trovano imbricati. Attraverso un’etnografia multisituata condotta in diversi luoghi della diaspora eritrea (Etiopia, Italia, Svezia, Gran Bretagna), il testo esplora il ruolo che prodotti, odori e saperi culinari svolgono nel costruire il senso di casa e rinsaldare legami famigliari a distanza di fronte a regimi di frontiera iniqui e nel reagire ai processi di inferiorizzazione e razzializzazione esperiti in alcuni contesti di approdo. Nel suo insieme, l’articolo cerca di fare luce sulla capacità di soggetti migranti in condizioni di svantaggio e marginalità di agire attivamente attraverso il cibo, senza schiacciare la nozione di agency su quella di resistenza, ma indagando come norme, costrizioni e ingiustizie possano essere interpretate, esperite, abitate e maneggiate in una varietà di modi localmente e storicamente plasmati. Talvolta agito, talvolta subito, il cibo emerge come una risorsa simbolica, relazionale e morale che consente ai rifugiati e alle rifugiate di navigare rapporti diseguali tra gruppi sociali e forme di esclusione e di dare concretezza ai processi di definizione del sé e alle riletture del passato coloniale.
Disconnessioni e riconnessioni alimentari. Intimità, esclusioni e appropriazioni tra le rifugiate e i rifugiati dall’Eritrea
Aurora Massa
2022
Abstract
Questo articolo indaga i modi in cui attraverso le pratiche, i discorsi, le sensorialità, le emozioni, gli affetti e i gusti connessi al cibo, i rifugiati e le rifugiate dall’Eritrea cercano di reinterpretare, addomesticare e, eventualmente, ribaltare alcune delle condizioni di precarietà, esclusione, oppressione e violenza in cui si trovano imbricati. Attraverso un’etnografia multisituata condotta in diversi luoghi della diaspora eritrea (Etiopia, Italia, Svezia, Gran Bretagna), il testo esplora il ruolo che prodotti, odori e saperi culinari svolgono nel costruire il senso di casa e rinsaldare legami famigliari a distanza di fronte a regimi di frontiera iniqui e nel reagire ai processi di inferiorizzazione e razzializzazione esperiti in alcuni contesti di approdo. Nel suo insieme, l’articolo cerca di fare luce sulla capacità di soggetti migranti in condizioni di svantaggio e marginalità di agire attivamente attraverso il cibo, senza schiacciare la nozione di agency su quella di resistenza, ma indagando come norme, costrizioni e ingiustizie possano essere interpretate, esperite, abitate e maneggiate in una varietà di modi localmente e storicamente plasmati. Talvolta agito, talvolta subito, il cibo emerge come una risorsa simbolica, relazionale e morale che consente ai rifugiati e alle rifugiate di navigare rapporti diseguali tra gruppi sociali e forme di esclusione e di dare concretezza ai processi di definizione del sé e alle riletture del passato coloniale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.