Inedite carte inerenti a un contenzioso sull’antica chiesa romanica fiorentina di San Pier Scheraggio gettano luce sulla strategia messa in opera dal duca Cosimo I de’ Medici per trasformarla in chiesa palatina. A tal fine Cosimo adotta una strategia a lungo termine, basata sul progressivo snaturamento dell’edificio sacro, facendolo usare come sedime di cantiere. La chiesa romanica non serve soltanto per il cantiere degli Uffizi ma anche, dal 1542 al 1546, è usata da molti altri cantieri aperti in città, come per i fuochi d’artificio in Piazza della Signoria, per la Loggia del Mercato Nuovo, per sollevare le travi dei soffitti dell’adiacente Palazzo ducale, attestando che la chiesa fungesse anche da montacarichi oltre che da sedime del cantiere. Il progetto di Cosimo prevedeva la completa trasformazione della chiesa ma certamente non la sua demolizione. Recentemente è stata posta l’attenzione sull’interesse che le costruzioni del romanico fiorentino suscitavano presso la corte di Cosimo e nelle quali, lo stesso Giorgio Vasari, vedeva elementi di continuità fra mondo antico e Rinascimento. Il carteggio che raccoglie le istanze dei parrocchiani all’arcivescovo fiorentino attesta che anche altri motivi ostacolano la ricostruzione dell’antica basilica romanica. Infatti, nel primo decennio del cantiere Uffizi (1559-1568), al di là della cospicua mole edilizia della chiesa, ragioni giuridiche e di opportunità politica si opponevano alla sua ricostruzione. In primo luogo, essendo parrocchia, la chiesa apparteneva alla comunità parrocchiale, non allo stato né al Duca, e non poteva pertanto essere espropriata senza l’autorizzazione della massima autorità ecclesiastica. Inoltre, sebbene fosse lecito l’uso improprio della chiesa parrocchiale come base operativa di cantiere, tuttavia le tombe presenti nel chiostro e nel pavimento della chiesa dovevano restare accessibili alla devozione che i parrocchiani dovevano alle sepolture dei propri avi.
La chiesa romanica di San Pier Scheraggio nei progetti dei Medici
Funis F.
2025
Abstract
Inedite carte inerenti a un contenzioso sull’antica chiesa romanica fiorentina di San Pier Scheraggio gettano luce sulla strategia messa in opera dal duca Cosimo I de’ Medici per trasformarla in chiesa palatina. A tal fine Cosimo adotta una strategia a lungo termine, basata sul progressivo snaturamento dell’edificio sacro, facendolo usare come sedime di cantiere. La chiesa romanica non serve soltanto per il cantiere degli Uffizi ma anche, dal 1542 al 1546, è usata da molti altri cantieri aperti in città, come per i fuochi d’artificio in Piazza della Signoria, per la Loggia del Mercato Nuovo, per sollevare le travi dei soffitti dell’adiacente Palazzo ducale, attestando che la chiesa fungesse anche da montacarichi oltre che da sedime del cantiere. Il progetto di Cosimo prevedeva la completa trasformazione della chiesa ma certamente non la sua demolizione. Recentemente è stata posta l’attenzione sull’interesse che le costruzioni del romanico fiorentino suscitavano presso la corte di Cosimo e nelle quali, lo stesso Giorgio Vasari, vedeva elementi di continuità fra mondo antico e Rinascimento. Il carteggio che raccoglie le istanze dei parrocchiani all’arcivescovo fiorentino attesta che anche altri motivi ostacolano la ricostruzione dell’antica basilica romanica. Infatti, nel primo decennio del cantiere Uffizi (1559-1568), al di là della cospicua mole edilizia della chiesa, ragioni giuridiche e di opportunità politica si opponevano alla sua ricostruzione. In primo luogo, essendo parrocchia, la chiesa apparteneva alla comunità parrocchiale, non allo stato né al Duca, e non poteva pertanto essere espropriata senza l’autorizzazione della massima autorità ecclesiastica. Inoltre, sebbene fosse lecito l’uso improprio della chiesa parrocchiale come base operativa di cantiere, tuttavia le tombe presenti nel chiostro e nel pavimento della chiesa dovevano restare accessibili alla devozione che i parrocchiani dovevano alle sepolture dei propri avi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.