Biodiversità è ormai un concetto consolidato e condiviso sotto il profilo della sua definizione ed applicazione, mentre il concetto di Geodiversità, già studiato da alcuni Autori (Stanley, 2001; D’Andrea, Lisi & Mezzetti, 2005; Panizza,2007) non ha ancora un’applicazione univoca di tipo quali/quantitativo, in uso tra geologi/geomorfologi se non nel senso più ampio del termine. Partendo dall’assunto che la biodiversità possa essere fortemente condizionata dalla geo/geomorfo-diversità appare chiaro quanto sia importante capirne definizione e limiti al fine di contribuire alla conoscenza della specializzazione biologica legata alle caratteristiche del substrato ed alla valutazione e tutela delle diversità geologiche. Una procedura di rapida individuazione ed attribuzione, in automatico, degli indici di valutazione della Geodiversità è utile anche nella distribuzione di geositi e geomorfositi nel territorio, e rappresenta uno strumento agile per stabilire politiche di tutela e promozione di una determinata area. Criterio fondamentale per la definizione degli elementi singoli che contribuiscono alla geodiversità e discriminante per la sua valutazione è la scala a cui si lavora e che condiziona l’acquisizione della percezione visiva, dei confini geo-litologici, della morfologia (processi e forme), degli attributi topografici (energia di rilievo, esposizione, curvatura e roughness), delle condizioni climatiche (precipitazioni e temperatura) e dell’uso del suolo (variabilità della copertura vegetale). A grande scala, l’individuazione delle unità di paesaggio è una prima identificazione per caratteri litologici, morfologici e biologici; quindi omogeneità litologica usata in apparente contraddizione al concetto di geodiversità estrinseca, ma ricca al suo interno di geodiversità intrinseche (Panizza & Piacente, 2008) percepibili ad altre scale. Il paesaggio geologico, quindi, può essere suddiviso, a grandi linee, in unità di paesaggio, unità litologiche, unità morfologiche, unità biologiche (ove possibile) e unità geo-botaniche, sempre più piccole e specializzate. L’analisi qualitativa che va poi trasferita a livello quantitativo, inoltre, dovrà tenere conto anche del dato antropico, inteso come pressione o frequentazione turistica, come valore litologico-storico-monumentale (geologia urbana) ed anche come agente di weathering (alterazione e modificazione più o meno rapida del territorio). Ferme restando, quindi, le ormai consolidate definizioni di Geodiversità (Panizza, 2007), sarebbe interessante scendere nel dettaglio, con ulteriori parametri che forniscano una scala d’osservazione finalizzata ad un prodotto scientifico spendibile, anche a livello di programmazione e gestione territoriale.

Geodiversità: identificazione, analisi e selezione degli indici di valutazione

GREGORI, Lucilia;MELELLI, Laura
2010

Abstract

Biodiversità è ormai un concetto consolidato e condiviso sotto il profilo della sua definizione ed applicazione, mentre il concetto di Geodiversità, già studiato da alcuni Autori (Stanley, 2001; D’Andrea, Lisi & Mezzetti, 2005; Panizza,2007) non ha ancora un’applicazione univoca di tipo quali/quantitativo, in uso tra geologi/geomorfologi se non nel senso più ampio del termine. Partendo dall’assunto che la biodiversità possa essere fortemente condizionata dalla geo/geomorfo-diversità appare chiaro quanto sia importante capirne definizione e limiti al fine di contribuire alla conoscenza della specializzazione biologica legata alle caratteristiche del substrato ed alla valutazione e tutela delle diversità geologiche. Una procedura di rapida individuazione ed attribuzione, in automatico, degli indici di valutazione della Geodiversità è utile anche nella distribuzione di geositi e geomorfositi nel territorio, e rappresenta uno strumento agile per stabilire politiche di tutela e promozione di una determinata area. Criterio fondamentale per la definizione degli elementi singoli che contribuiscono alla geodiversità e discriminante per la sua valutazione è la scala a cui si lavora e che condiziona l’acquisizione della percezione visiva, dei confini geo-litologici, della morfologia (processi e forme), degli attributi topografici (energia di rilievo, esposizione, curvatura e roughness), delle condizioni climatiche (precipitazioni e temperatura) e dell’uso del suolo (variabilità della copertura vegetale). A grande scala, l’individuazione delle unità di paesaggio è una prima identificazione per caratteri litologici, morfologici e biologici; quindi omogeneità litologica usata in apparente contraddizione al concetto di geodiversità estrinseca, ma ricca al suo interno di geodiversità intrinseche (Panizza & Piacente, 2008) percepibili ad altre scale. Il paesaggio geologico, quindi, può essere suddiviso, a grandi linee, in unità di paesaggio, unità litologiche, unità morfologiche, unità biologiche (ove possibile) e unità geo-botaniche, sempre più piccole e specializzate. L’analisi qualitativa che va poi trasferita a livello quantitativo, inoltre, dovrà tenere conto anche del dato antropico, inteso come pressione o frequentazione turistica, come valore litologico-storico-monumentale (geologia urbana) ed anche come agente di weathering (alterazione e modificazione più o meno rapida del territorio). Ferme restando, quindi, le ormai consolidate definizioni di Geodiversità (Panizza, 2007), sarebbe interessante scendere nel dettaglio, con ulteriori parametri che forniscano una scala d’osservazione finalizzata ad un prodotto scientifico spendibile, anche a livello di programmazione e gestione territoriale.
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