L’Umbria, sia per la particolare configurazione morfologica che per una sorta di chiusura agli impulsi esterni, ha spesso accumulato ritardi nella ricerca dell’innovazione, ma il suo “partire dopo” comunque gli ha consentito, anche in epoca moderna, di esprimere risultati particolarmente significativi nell’ambito delle mutazioni sociali e più spiccatamente nell’industrializzazione. Nei primi anni del Novecento cominciò l’importante percorso di transizione del paesaggio umbro da territorio statico, a valenza prevalentemente agricola, a nodo di transito e di riferimento produttivo. Nel passaggio di secolo, infatti, con l’avvento della modernità si assistette alla nascita di questioni fino ad allora pressoché sconosciute. L’industrializzazione, i nuovi inurbamenti per gli operai, le grandi infrastrutture viarie, furono i temi che introdussero nel territorio immutato da secoli nuovi segni ed altrettanti significati. Fino ad allora l’antropizzazione del territorio umbro si fondava sul rapporto diretto fra costruito e risorse del suolo, tanto da definire una stretta relazione fra orografia e apparato edilizio, delegando poi alle piccole infrastrutture i collegamenti locali. Con l’avvento della modernità vennero meno i presupposti che fino ad allora avevano connotato l’ambiente storico e le mutate ragioni economiche e sociali fecero emergere l’esigenza di adattare il territorio al manufatto stesso, tanto che si assistette in poco tempo alla perdita del ruolo dominante della natura sull’artificio con l’introduzione di nuovi ed importanti segni. Solo in epoca moderna, infatti, l’Umbria scoprì la dimensione della città cercando soluzioni per i nuovi inurbamenti (la costruzione dell’acquedotto di Perugia completata nel 1932, le residenze per gli operai di Perugia e Terni degli anni Trenta), ma maggiormente scoprì di essere parte di un tutto (il nodo ferroviario e le Grandi Officine Riparazioni di Foligno del 1911, l’aeroporto del 1926). Una regione al centro della nascente nazione italiana. Le opere civili si moltiplicarono e i materiali locali non furono più sufficienti ad assolvere la domanda di “modernità”. Sarà il manufatto che, plasmando il territorio, introdurrà nuove forme e nuova materia o, magari, la stessa trattata con tecnologie più avanzate. S’innescherà pertanto un processo necessario per rispondere alla nascente industrializzazione e alle grandi opere infrastrutturali come gli acquedotti, i ponti e le vie di comunicazione nazionali i cui rilevati ferroviari rappresenteranno con chiarezza l’azione modernizzatrice di adattamento del paesaggio alla linea del ferro.
I materiali dell'architettura moderna in Umbria
BIANCONI, Fabio
2009
Abstract
L’Umbria, sia per la particolare configurazione morfologica che per una sorta di chiusura agli impulsi esterni, ha spesso accumulato ritardi nella ricerca dell’innovazione, ma il suo “partire dopo” comunque gli ha consentito, anche in epoca moderna, di esprimere risultati particolarmente significativi nell’ambito delle mutazioni sociali e più spiccatamente nell’industrializzazione. Nei primi anni del Novecento cominciò l’importante percorso di transizione del paesaggio umbro da territorio statico, a valenza prevalentemente agricola, a nodo di transito e di riferimento produttivo. Nel passaggio di secolo, infatti, con l’avvento della modernità si assistette alla nascita di questioni fino ad allora pressoché sconosciute. L’industrializzazione, i nuovi inurbamenti per gli operai, le grandi infrastrutture viarie, furono i temi che introdussero nel territorio immutato da secoli nuovi segni ed altrettanti significati. Fino ad allora l’antropizzazione del territorio umbro si fondava sul rapporto diretto fra costruito e risorse del suolo, tanto da definire una stretta relazione fra orografia e apparato edilizio, delegando poi alle piccole infrastrutture i collegamenti locali. Con l’avvento della modernità vennero meno i presupposti che fino ad allora avevano connotato l’ambiente storico e le mutate ragioni economiche e sociali fecero emergere l’esigenza di adattare il territorio al manufatto stesso, tanto che si assistette in poco tempo alla perdita del ruolo dominante della natura sull’artificio con l’introduzione di nuovi ed importanti segni. Solo in epoca moderna, infatti, l’Umbria scoprì la dimensione della città cercando soluzioni per i nuovi inurbamenti (la costruzione dell’acquedotto di Perugia completata nel 1932, le residenze per gli operai di Perugia e Terni degli anni Trenta), ma maggiormente scoprì di essere parte di un tutto (il nodo ferroviario e le Grandi Officine Riparazioni di Foligno del 1911, l’aeroporto del 1926). Una regione al centro della nascente nazione italiana. Le opere civili si moltiplicarono e i materiali locali non furono più sufficienti ad assolvere la domanda di “modernità”. Sarà il manufatto che, plasmando il territorio, introdurrà nuove forme e nuova materia o, magari, la stessa trattata con tecnologie più avanzate. S’innescherà pertanto un processo necessario per rispondere alla nascente industrializzazione e alle grandi opere infrastrutturali come gli acquedotti, i ponti e le vie di comunicazione nazionali i cui rilevati ferroviari rappresenteranno con chiarezza l’azione modernizzatrice di adattamento del paesaggio alla linea del ferro.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.