La riflessione sul sistema dualistico si completa col saggio dal titolo “Controllo e governo nel sistema dualistico. Limiti d’ordine tipologico e limiti d’ordine sistematico all’autonomia statutaria”, in Riv. Dir. Societario, n. 4/2010, pp. 735-769, ove l’analisi delle ricadute applicative dell’identificazione di un contenuto tipologicamente essenziale del sistema dualistico e la messa a punto dello specifico funzionale della c.d. alta amministrazione del consiglio di sorveglianza. Il saggio muove dalla discontinuità decisionale che il consiglio di sorveglianza produrrebbe tra “proprietà” e “governo” dell’impresa sociale per ribadire che il “diaframma” rappresentato dal consiglio di sorveglianza è insincero, essendo la società dualistica “controllabile” ai sensi dell’art. 2359 cc., come qualunque altra società per azioni. La prospettiva della controllabilità della società dualistica giova, in particolare, alla messa a punto di un’analisi funzionale dei limiti che incontra l’autonomia statutaria nel configurare la società per azioni secondo il sistema dualistico. Infatti, una volta identificato il contenuto tipologicamente essenziale del sistema dualistico - contenuto alla cui identificazione la stessa controllabilità dà un contribuito non indifferente -, la ricerca si fa carico di indagarne le ricadute applicative sulla validità delle clausole “atipiche” dello statuto di una società dualistica, giungendo alla conclusione che, volendo valorizzare, con riferimento alle questioni di “atipicità” del sistema dualistico, la proposta (da altri avanzata con riferimento alla diversa questione dell’“atipicità” della società per azioni) di conservare la scelta statutaria e procedere all’applicazione “ad oltranza” dello statuto legale del sistema adottato, la soluzione più plausibile è quella che considera “nulla” la clausola atipica e la sostituisce automaticamente con la disposizione (ritenuta) inderogabile violata (quella dello statuto legale del sistema dualistico). Sullo sfondo il convincimento che, anche nel diritto societario riformato, norme inderogabili siano non solamente quelle dichiarate tali espressamente (come stabilisce, ad esempio, il diritto tedesco, con il par. 23, Abs. 5, AktG.), ma anche quelle tali per coerenza con la fattispecie (i.e. il contento tipologicamente essenziale) del sistema dualistico. La conclusione somiglia molto a quella cui perviene quella dottrina che muove dal presupposto del valore performativo del nomen iuris, ma è diversa, perché si muove qui dal diverso presupposto che il nomen iuris instauri solo una presunzione di conformità al modello “nominato” e risultante dall’iscrizione, l’effettività della scelta dell’autonomia statutaria dovendosi argomentare dall’intero contesto dello statuto, di cui anche il nomen iuris (ma non solo) fa parte. Di qui, si giunge alla conclusione che vi sono limiti di ordine tipologico, che si riflettono sulla nullità della clausola atipica (ove inessenziale) e limiti d’ordine sistematico, che si traducono nell’inapplicabilità analogica delle disposizioni eccezionali e nella perdita dei vantaggi accordati dalla disciplina del sistema dualistico. Tali limiti fungono da fondamentale premessa anche per giungere alla messa a punto dello specifico funzionale della c.d. alta amministrazione o direzione strategica che gli statuti possono assegnare al consiglio di sorveglianza ai sensi dell’art. 2409-terdecies, co. 1, lett. f-bis cc.: una direzione o supervisione tutta iscritta nella funzione di controllo, atteso che la mancata previsione di uno specifico coinvolgimento del consiglio di sorveglianza nella responsabilità per difetto di diligenza nella gestione, neppure in ipotesi di alta amministrazione, si spiega con l’intento di attribuire a tale ufficio un’ingerenza nella gestione in limiti non più ampi di quelli entro i quali sarebbe consentita all’assemblea nel sistema tradizionale. L’attribuzione esplicita dei poteri di cui alla lett. f-bis comporta infatti solo un passaggio dell’influenza dal “parasociale” al “sociale”, con conseguente acquisto di efficacia “reale”, ma non anche un ampliamento dei suoi contenuti (tale da tradursi cioè, in un’ invasione nella gestione o co-gestione). Tuttavia, in tanto la formale attribuzione di una competenza deliberativa “in ordine alle operazioni strategiche o ai piani industriali e finanziari” assicura al consiglio di sorveglianza l’immunità dalla responsabilità per la (seppure alta) gestione, in quanto lo statuto si limiti ad attribuirgli la competenza in ordine operazioni o piani “predisposti dal consiglio di gestione” (v. art. 2409-terdecies.1, lett. f-bis cc.), la formale attribuzione al consiglio di sorveglianza di una competenza deliberativa in ordine a operazioni strategiche o piani industriali e finanziari predisposti dal consiglio di sorveglianza medesimo o dallo stesso modificati non essendo prevista dall’art. 2409-terdecies.1, lett. f-bis cc. , non essendo neppure consentita all’autonomia statutaria sulla base dei limiti d’ordine sistematico sin qui ricostruiti ed essendo pertanto -ove introdotta dallo statuto o semplicemente instaurata dalla concreta dinamica dei rapporti tra consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione - sanzionata: vuoi a) sul piano (tipologico) della nullità della clausola incompatibile col tipo (fattispecie), vuoi b) sul piano (sistematico), della illiceità della (co)decisione e dunque della responsabilità degli stessi consiglieri di sorveglianza, ove il travalicamento nella gestione si sia tradotto in concreto in concorso nel fatto dannoso. Una responsabilità allora non più limitata alla sola vigilanza, ma estesa, evidentemente, anche alla (seppure alta) gestione, ove vi sia stato in concreto concorso (art. 2055 cc.) nella mala gestio, al pari di quanto accade per gli amministratori di fatto.
“Controllo e governo nel sistema dualistico. Limiti d’ordine tipologico e limiti d’ordine sistematico all’autonomia statutaria”
SCHIUMA, Laura
2010
Abstract
La riflessione sul sistema dualistico si completa col saggio dal titolo “Controllo e governo nel sistema dualistico. Limiti d’ordine tipologico e limiti d’ordine sistematico all’autonomia statutaria”, in Riv. Dir. Societario, n. 4/2010, pp. 735-769, ove l’analisi delle ricadute applicative dell’identificazione di un contenuto tipologicamente essenziale del sistema dualistico e la messa a punto dello specifico funzionale della c.d. alta amministrazione del consiglio di sorveglianza. Il saggio muove dalla discontinuità decisionale che il consiglio di sorveglianza produrrebbe tra “proprietà” e “governo” dell’impresa sociale per ribadire che il “diaframma” rappresentato dal consiglio di sorveglianza è insincero, essendo la società dualistica “controllabile” ai sensi dell’art. 2359 cc., come qualunque altra società per azioni. La prospettiva della controllabilità della società dualistica giova, in particolare, alla messa a punto di un’analisi funzionale dei limiti che incontra l’autonomia statutaria nel configurare la società per azioni secondo il sistema dualistico. Infatti, una volta identificato il contenuto tipologicamente essenziale del sistema dualistico - contenuto alla cui identificazione la stessa controllabilità dà un contribuito non indifferente -, la ricerca si fa carico di indagarne le ricadute applicative sulla validità delle clausole “atipiche” dello statuto di una società dualistica, giungendo alla conclusione che, volendo valorizzare, con riferimento alle questioni di “atipicità” del sistema dualistico, la proposta (da altri avanzata con riferimento alla diversa questione dell’“atipicità” della società per azioni) di conservare la scelta statutaria e procedere all’applicazione “ad oltranza” dello statuto legale del sistema adottato, la soluzione più plausibile è quella che considera “nulla” la clausola atipica e la sostituisce automaticamente con la disposizione (ritenuta) inderogabile violata (quella dello statuto legale del sistema dualistico). Sullo sfondo il convincimento che, anche nel diritto societario riformato, norme inderogabili siano non solamente quelle dichiarate tali espressamente (come stabilisce, ad esempio, il diritto tedesco, con il par. 23, Abs. 5, AktG.), ma anche quelle tali per coerenza con la fattispecie (i.e. il contento tipologicamente essenziale) del sistema dualistico. La conclusione somiglia molto a quella cui perviene quella dottrina che muove dal presupposto del valore performativo del nomen iuris, ma è diversa, perché si muove qui dal diverso presupposto che il nomen iuris instauri solo una presunzione di conformità al modello “nominato” e risultante dall’iscrizione, l’effettività della scelta dell’autonomia statutaria dovendosi argomentare dall’intero contesto dello statuto, di cui anche il nomen iuris (ma non solo) fa parte. Di qui, si giunge alla conclusione che vi sono limiti di ordine tipologico, che si riflettono sulla nullità della clausola atipica (ove inessenziale) e limiti d’ordine sistematico, che si traducono nell’inapplicabilità analogica delle disposizioni eccezionali e nella perdita dei vantaggi accordati dalla disciplina del sistema dualistico. Tali limiti fungono da fondamentale premessa anche per giungere alla messa a punto dello specifico funzionale della c.d. alta amministrazione o direzione strategica che gli statuti possono assegnare al consiglio di sorveglianza ai sensi dell’art. 2409-terdecies, co. 1, lett. f-bis cc.: una direzione o supervisione tutta iscritta nella funzione di controllo, atteso che la mancata previsione di uno specifico coinvolgimento del consiglio di sorveglianza nella responsabilità per difetto di diligenza nella gestione, neppure in ipotesi di alta amministrazione, si spiega con l’intento di attribuire a tale ufficio un’ingerenza nella gestione in limiti non più ampi di quelli entro i quali sarebbe consentita all’assemblea nel sistema tradizionale. L’attribuzione esplicita dei poteri di cui alla lett. f-bis comporta infatti solo un passaggio dell’influenza dal “parasociale” al “sociale”, con conseguente acquisto di efficacia “reale”, ma non anche un ampliamento dei suoi contenuti (tale da tradursi cioè, in un’ invasione nella gestione o co-gestione). Tuttavia, in tanto la formale attribuzione di una competenza deliberativa “in ordine alle operazioni strategiche o ai piani industriali e finanziari” assicura al consiglio di sorveglianza l’immunità dalla responsabilità per la (seppure alta) gestione, in quanto lo statuto si limiti ad attribuirgli la competenza in ordine operazioni o piani “predisposti dal consiglio di gestione” (v. art. 2409-terdecies.1, lett. f-bis cc.), la formale attribuzione al consiglio di sorveglianza di una competenza deliberativa in ordine a operazioni strategiche o piani industriali e finanziari predisposti dal consiglio di sorveglianza medesimo o dallo stesso modificati non essendo prevista dall’art. 2409-terdecies.1, lett. f-bis cc. , non essendo neppure consentita all’autonomia statutaria sulla base dei limiti d’ordine sistematico sin qui ricostruiti ed essendo pertanto -ove introdotta dallo statuto o semplicemente instaurata dalla concreta dinamica dei rapporti tra consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione - sanzionata: vuoi a) sul piano (tipologico) della nullità della clausola incompatibile col tipo (fattispecie), vuoi b) sul piano (sistematico), della illiceità della (co)decisione e dunque della responsabilità degli stessi consiglieri di sorveglianza, ove il travalicamento nella gestione si sia tradotto in concreto in concorso nel fatto dannoso. Una responsabilità allora non più limitata alla sola vigilanza, ma estesa, evidentemente, anche alla (seppure alta) gestione, ove vi sia stato in concreto concorso (art. 2055 cc.) nella mala gestio, al pari di quanto accade per gli amministratori di fatto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.