Il lavoro si propone l’obiettivo di fare il punto sulla giurisprudenza degli ultimi anni, in tema di concorrenza sleale, con particolare riguardo alla tutela della forma e del confezionamento dei prodotti. L’aspetto esteriore dei prodotti rappresenta, oggi più che mai, un elemento di grande importanza nell’ambito della comunicazione di impresa e delle dinamiche concorrenziali. La nostra epoca è infatti dominata dalla cultura dell’immagine e dell’apparire: vi è dunque, da un lato, una sempre più diffusa richiesta di “estetica”; nello stesso tempo, immagini, apparenza e forma rappresentano, ormai più della parola stessa, veicolo privilegiato per comunicare informazioni, idee e suggestioni. A questa tendenza di mercato fa riscontro, sul versante del diritto, una domanda sempre più intensa di protezione di questo importante asset: l’esigenza di strumenti che garantiscano un’esclusiva, alla quale gli ordinamenti, ed in particolare quello comunitario, sta rispondendo con un’evoluzione degli istituti di tutela della forma del prodotto in linea con il ruolo sempre più preponderante e diversificato che la forma stessa si trova a svolgere. Questo fenomeno si è manifestato sostanzialmente in due direzioni: da un lato, nel senso di offrire una “copertura” sempre più completa ai diversi valori di mercato che possono inerire all’aspetto esteriore del prodotto, distintivo, suggestivo, di richiamo dell’attenzione del consumatore, estetico o tecnico; dall’altro, nel senso di adattarsi ad una realtà connotata da un’evoluzione molto rapida, in cui la forma del prodotto è spesso destinata ad avere una vita breve e ad essere rapidamente sostituita, e al contempo da una enorme varietà dei prodotti stessi, con ogni tipologia che viene infinitamente parcellizzata, e quindi delle loro presentazioni, fornendo nuovi strumenti di protezione svincolati dalla registrazione, che offrono sì una tutela più limitata e per molti versi più incerta, ma in cui formalità e costi sono eliminati. Nel presente contributo, l'autore commenta una pronuncia relativa ad un caso di concorrenza sleale che ruota attorno alla servile imitazione. La questione, riguardante la legittimità dell'imitazione di prodotti con connotati formali muniti di valore estetico in assenza di protezione per disegno o modello, vengono risolte in maniera diversa dalla giurisprudenza. L'autore illustra le pronunce, riguardanti l'imitazione di tratti caratterizzanti ed individualizzanti dei prodotti, ed osserva che la concorrenza confusoria sussiste allorché sussista confondibilità "con l'attività del concorrente", persino in assenza di una confondibilità fra prodotti.

La tutela concorrenziale della forma del prodotto: l’imitazione servile

BILLI, Massimo
2004

Abstract

Il lavoro si propone l’obiettivo di fare il punto sulla giurisprudenza degli ultimi anni, in tema di concorrenza sleale, con particolare riguardo alla tutela della forma e del confezionamento dei prodotti. L’aspetto esteriore dei prodotti rappresenta, oggi più che mai, un elemento di grande importanza nell’ambito della comunicazione di impresa e delle dinamiche concorrenziali. La nostra epoca è infatti dominata dalla cultura dell’immagine e dell’apparire: vi è dunque, da un lato, una sempre più diffusa richiesta di “estetica”; nello stesso tempo, immagini, apparenza e forma rappresentano, ormai più della parola stessa, veicolo privilegiato per comunicare informazioni, idee e suggestioni. A questa tendenza di mercato fa riscontro, sul versante del diritto, una domanda sempre più intensa di protezione di questo importante asset: l’esigenza di strumenti che garantiscano un’esclusiva, alla quale gli ordinamenti, ed in particolare quello comunitario, sta rispondendo con un’evoluzione degli istituti di tutela della forma del prodotto in linea con il ruolo sempre più preponderante e diversificato che la forma stessa si trova a svolgere. Questo fenomeno si è manifestato sostanzialmente in due direzioni: da un lato, nel senso di offrire una “copertura” sempre più completa ai diversi valori di mercato che possono inerire all’aspetto esteriore del prodotto, distintivo, suggestivo, di richiamo dell’attenzione del consumatore, estetico o tecnico; dall’altro, nel senso di adattarsi ad una realtà connotata da un’evoluzione molto rapida, in cui la forma del prodotto è spesso destinata ad avere una vita breve e ad essere rapidamente sostituita, e al contempo da una enorme varietà dei prodotti stessi, con ogni tipologia che viene infinitamente parcellizzata, e quindi delle loro presentazioni, fornendo nuovi strumenti di protezione svincolati dalla registrazione, che offrono sì una tutela più limitata e per molti versi più incerta, ma in cui formalità e costi sono eliminati. Nel presente contributo, l'autore commenta una pronuncia relativa ad un caso di concorrenza sleale che ruota attorno alla servile imitazione. La questione, riguardante la legittimità dell'imitazione di prodotti con connotati formali muniti di valore estetico in assenza di protezione per disegno o modello, vengono risolte in maniera diversa dalla giurisprudenza. L'autore illustra le pronunce, riguardanti l'imitazione di tratti caratterizzanti ed individualizzanti dei prodotti, ed osserva che la concorrenza confusoria sussiste allorché sussista confondibilità "con l'attività del concorrente", persino in assenza di una confondibilità fra prodotti.
2004
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