L’articolo intende illustrare il ruolo che la spiritualità (principio “mariano”), nella sua continua dialettica di pungolamento e di rinnovamento della religione (principio “petrino”), può giocare non solo sul versante teologico e morale, ma anche in campo sociale ed economico. Questo implica concepire i “carismi” (ovvero “i grandi doni dello spirito” elargiti sia a laici che a religiosi) come una forza intangibile che innova la Chiesa e le sue organizzazioni, la società e perfino i sistemi economici. In questa cornice interpretativa si inscrive il tentativo, effettuato nell’articolo, di mettere in luce la capacità di S. Teresa d’Avila di aver apportato un radicale cambiamento istituzionale nella Chiesa pur non avendo Potere o non contando nelle gerarchie ecclesiastiche (con la creazione dell’Ordine delle Carmelitane Scalze e la fondazione dei relativi conventi, la cui governance aveva un marcato connotato di genere), senza però essersi condannata, nella sua radicale critica all’establishment, ad una dimensione di separatezza, intransigenza, insignificanza sociale. I carismi, con la loro carica rivoluzionaria, fanno infatti evolvere le istituzioni, che se da un lato recepiscono l’innovazione metabolizzandola con elevata gradualità e prudenza, dall’altro ne consentono, una volta assorbito lo shock, il dispiegamento su larga scala. S. Teresa d’Avila ha rappresentato inoltre una ventata di novità nella società del tempo come esempio magistrale di libertà e grandezza femminile veramente inusuale per l’epoca, dato il pesante vincolo costituito dall’essere donna che sospingeva allora il genere femminile verso due sole alternative di vita: o il matrimonio o la vita religiosa (ambito in cui era comunque precluso alle donne l’apostolato e lo studio della teologia). Alla luce dell’arretrato contesto sociale in cui si muoveva, è ancor più stupefacente S.Teresa d'Avila che sia stata riconosciuta Dottore della Chiesa in virtù della sua squisitezza teologica e del suo alacre operato che risentiva dell'atmosfera retriva del tempo. Di S. Teresa d’Avila colpisce l’amore per la libertà femminile, la grandezza dei suoi inseparabili desideri (sul piano individuale quello di volersi avviare, senza mediazioni maschili tra lei ed il divino, lungo un cammino di perfezione e sul piano sociale quello di voler fondare una nuova istituzione che potesse agevolare al meglio tale evoluzione spirituale), la capacità di averli realizzati (essendo una mistica sui generis che non scindeva la vita pratica dalla vita contemplativa ed essendo riuscita concretamente a fondare un Nuovo Ordine monastico rispondente ai suoi ideali), il coraggio e la forza (virtù “cavalleresche” maschili), la tenacia e la pazienza (virtù “femminili”) profuse in queste imprese, la capacità di raccontare la sua vita con una sorprendente freschezza e modernità di stile. L’articolo mostra anche che il rinnovamento propugnato dalle donne carismatiche risente, nei suoi risvolti istituzionali, della differenza di genere di cui esse sono portatrici, plasmando, secondo una misura femminile, il contesto organizzativo che intende rimodellare. In tal senso i fattori di differenziazione dell'Ordine delle Carmelitane Scalze con altri ordini monastici maschili ascetici dell'epoca sono passati in rassegna insieme a tutti gli elementi di governance dei conventi che ne hanno fatto delle istituzioni così durature nel tempo.
S. Teresa d’Avila: grandezza spirituale ed influenza sulla Chiesa e sulla società
MONTESI, Cristina;
2011
Abstract
L’articolo intende illustrare il ruolo che la spiritualità (principio “mariano”), nella sua continua dialettica di pungolamento e di rinnovamento della religione (principio “petrino”), può giocare non solo sul versante teologico e morale, ma anche in campo sociale ed economico. Questo implica concepire i “carismi” (ovvero “i grandi doni dello spirito” elargiti sia a laici che a religiosi) come una forza intangibile che innova la Chiesa e le sue organizzazioni, la società e perfino i sistemi economici. In questa cornice interpretativa si inscrive il tentativo, effettuato nell’articolo, di mettere in luce la capacità di S. Teresa d’Avila di aver apportato un radicale cambiamento istituzionale nella Chiesa pur non avendo Potere o non contando nelle gerarchie ecclesiastiche (con la creazione dell’Ordine delle Carmelitane Scalze e la fondazione dei relativi conventi, la cui governance aveva un marcato connotato di genere), senza però essersi condannata, nella sua radicale critica all’establishment, ad una dimensione di separatezza, intransigenza, insignificanza sociale. I carismi, con la loro carica rivoluzionaria, fanno infatti evolvere le istituzioni, che se da un lato recepiscono l’innovazione metabolizzandola con elevata gradualità e prudenza, dall’altro ne consentono, una volta assorbito lo shock, il dispiegamento su larga scala. S. Teresa d’Avila ha rappresentato inoltre una ventata di novità nella società del tempo come esempio magistrale di libertà e grandezza femminile veramente inusuale per l’epoca, dato il pesante vincolo costituito dall’essere donna che sospingeva allora il genere femminile verso due sole alternative di vita: o il matrimonio o la vita religiosa (ambito in cui era comunque precluso alle donne l’apostolato e lo studio della teologia). Alla luce dell’arretrato contesto sociale in cui si muoveva, è ancor più stupefacente S.Teresa d'Avila che sia stata riconosciuta Dottore della Chiesa in virtù della sua squisitezza teologica e del suo alacre operato che risentiva dell'atmosfera retriva del tempo. Di S. Teresa d’Avila colpisce l’amore per la libertà femminile, la grandezza dei suoi inseparabili desideri (sul piano individuale quello di volersi avviare, senza mediazioni maschili tra lei ed il divino, lungo un cammino di perfezione e sul piano sociale quello di voler fondare una nuova istituzione che potesse agevolare al meglio tale evoluzione spirituale), la capacità di averli realizzati (essendo una mistica sui generis che non scindeva la vita pratica dalla vita contemplativa ed essendo riuscita concretamente a fondare un Nuovo Ordine monastico rispondente ai suoi ideali), il coraggio e la forza (virtù “cavalleresche” maschili), la tenacia e la pazienza (virtù “femminili”) profuse in queste imprese, la capacità di raccontare la sua vita con una sorprendente freschezza e modernità di stile. L’articolo mostra anche che il rinnovamento propugnato dalle donne carismatiche risente, nei suoi risvolti istituzionali, della differenza di genere di cui esse sono portatrici, plasmando, secondo una misura femminile, il contesto organizzativo che intende rimodellare. In tal senso i fattori di differenziazione dell'Ordine delle Carmelitane Scalze con altri ordini monastici maschili ascetici dell'epoca sono passati in rassegna insieme a tutti gli elementi di governance dei conventi che ne hanno fatto delle istituzioni così durature nel tempo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.