All’interno di discipline emergenti come la Geomorfologia culturale e la Geografia emozionale trova spazio un approccio nuovo ed originale nella fruizione “non tradizionale” delle opere d’arte, in particolare quelle pittoriche. Si contravviene al presupposto, ormai condiviso, che le scenografie dei quadri e degli affreschi in genere, delineino un paesaggio naturale immaginario e che invece riconducano a situazioni reali, legate a luoghi vissuti e frequentati da parte degli artisti. La scenografia che fa da sfondo alle tradizionali rappresentazioni di natività o adorazioni, martìri o crocifissioni, ecc., o anche la sintetica rappresentazione di un edificato viene valutata come naurale e/o reale, un paesaggio fisico dove sono riconoscibili elementi litologici, configurazioni morfologiche, riferimenti botanico-floristici o faunistici. L’unica variabile imponderabile, ma necessariamente da considerare, è l’intenzione dell’autore: usare semplicemente gli spunti naturali a scopi scenici o prospettici, per trasmettere un messaggio emotivo o comunicare la realtà locale di quel particolare momento storico. Il paesaggio può non essere assolutamente immaginario, ma costituire uno specifico messaggio ambientale. Solo conoscendo bene la realtà naturale e morfologica dei luoghi rappresentati è possibile capire l’intenzione dell’autore e quindi “azzardare” una possibile relazione tra quel paesaggio, di un passato non molto lontano, e l’attuale rappresentazione morfologica, idrologica ed antropica. Tale “procedura” è stata sperimentata in Umbria in occasione dell’evento della mostra del Perugino del 2004. In quella circostanza una maggiore attenzione allo “sfondo” dei quadri dell’artista è risultata portatrice di interessanti considerazioni. Il paesaggio umbro, infatti, quello delle “conche intermontane” e dei graben, caratterizzato, quasi sempre, da un’ampia superficie pianeggiante limitata da versanti abbastanza acclivi si riconosce spesso nel “paesaggio” del Perugino. La simmetria del graben è ben utilizzata per collocare personaggi ed azioni e, seppur rimane il dubbio, alimentato da una ripetitività nell’uso di tale sfondo, che la “sezione-tipo” del Perugino sia “usurata”, è anche vero che lo skyline riconosciuto nei paesaggi del Perugino e non solo, si ritrova nei paesaggi umbri. Accreditare i paesaggi rappresentati agli attuali ambienti vallivi e/o lacustri è un’operazione non scontata e passibile di diverse interpretazioni. Stessa considerazine si può fare per altri pittori umbri, antichi o moderni, attraverso le cui opere è possibile svolgere una suggestiva passeggiata virtuale negli scenari naturali del ‘200 o del ‘500. Fornire questa nuova chiave di lettura dell’opera d’arte è una originale e straordinaria opportunità culturale. Il quadro, quindi, viene percepito non solo nella sua storiografia, nella sua catterizzazione cromatica e/o pittorica, nel suo messaggio artistico, religioso o emozionale, ma anche attraverso il tema dello sfondo che, pertanto non è più solo espediente decorativo o prospettico, ma anche cronaca paleo-ambientale Per comprendere quest’insolita ed insospettata relazione, occorre quindi che si realizzi una “collaborazione” scientifica tra lo storico dell’arte ed il geologo/geomorfologo per superare quella “cesura concettuale” che, nell’ambito di una crescente globalizzazione delle scienze, non ha più ragione di essere. Consolidare questa apertura mentale nella lettura dell’opera d’arte e condividerla, all’interno della tradizionale frequentazione dei musei o della normale fruizione artistica, offre una nuova opportunità di conoscenza, con insospettate ricadute sul piano della comunicazione culturale.

PAESAGGIO DELL’ARTE : GEOMORFOLOGIA D’AUTORE IN UMBRIA E DINTORNI

GREGORI, Lucilia
2009

Abstract

All’interno di discipline emergenti come la Geomorfologia culturale e la Geografia emozionale trova spazio un approccio nuovo ed originale nella fruizione “non tradizionale” delle opere d’arte, in particolare quelle pittoriche. Si contravviene al presupposto, ormai condiviso, che le scenografie dei quadri e degli affreschi in genere, delineino un paesaggio naturale immaginario e che invece riconducano a situazioni reali, legate a luoghi vissuti e frequentati da parte degli artisti. La scenografia che fa da sfondo alle tradizionali rappresentazioni di natività o adorazioni, martìri o crocifissioni, ecc., o anche la sintetica rappresentazione di un edificato viene valutata come naurale e/o reale, un paesaggio fisico dove sono riconoscibili elementi litologici, configurazioni morfologiche, riferimenti botanico-floristici o faunistici. L’unica variabile imponderabile, ma necessariamente da considerare, è l’intenzione dell’autore: usare semplicemente gli spunti naturali a scopi scenici o prospettici, per trasmettere un messaggio emotivo o comunicare la realtà locale di quel particolare momento storico. Il paesaggio può non essere assolutamente immaginario, ma costituire uno specifico messaggio ambientale. Solo conoscendo bene la realtà naturale e morfologica dei luoghi rappresentati è possibile capire l’intenzione dell’autore e quindi “azzardare” una possibile relazione tra quel paesaggio, di un passato non molto lontano, e l’attuale rappresentazione morfologica, idrologica ed antropica. Tale “procedura” è stata sperimentata in Umbria in occasione dell’evento della mostra del Perugino del 2004. In quella circostanza una maggiore attenzione allo “sfondo” dei quadri dell’artista è risultata portatrice di interessanti considerazioni. Il paesaggio umbro, infatti, quello delle “conche intermontane” e dei graben, caratterizzato, quasi sempre, da un’ampia superficie pianeggiante limitata da versanti abbastanza acclivi si riconosce spesso nel “paesaggio” del Perugino. La simmetria del graben è ben utilizzata per collocare personaggi ed azioni e, seppur rimane il dubbio, alimentato da una ripetitività nell’uso di tale sfondo, che la “sezione-tipo” del Perugino sia “usurata”, è anche vero che lo skyline riconosciuto nei paesaggi del Perugino e non solo, si ritrova nei paesaggi umbri. Accreditare i paesaggi rappresentati agli attuali ambienti vallivi e/o lacustri è un’operazione non scontata e passibile di diverse interpretazioni. Stessa considerazine si può fare per altri pittori umbri, antichi o moderni, attraverso le cui opere è possibile svolgere una suggestiva passeggiata virtuale negli scenari naturali del ‘200 o del ‘500. Fornire questa nuova chiave di lettura dell’opera d’arte è una originale e straordinaria opportunità culturale. Il quadro, quindi, viene percepito non solo nella sua storiografia, nella sua catterizzazione cromatica e/o pittorica, nel suo messaggio artistico, religioso o emozionale, ma anche attraverso il tema dello sfondo che, pertanto non è più solo espediente decorativo o prospettico, ma anche cronaca paleo-ambientale Per comprendere quest’insolita ed insospettata relazione, occorre quindi che si realizzi una “collaborazione” scientifica tra lo storico dell’arte ed il geologo/geomorfologo per superare quella “cesura concettuale” che, nell’ambito di una crescente globalizzazione delle scienze, non ha più ragione di essere. Consolidare questa apertura mentale nella lettura dell’opera d’arte e condividerla, all’interno della tradizionale frequentazione dei musei o della normale fruizione artistica, offre una nuova opportunità di conoscenza, con insospettate ricadute sul piano della comunicazione culturale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/40079
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