Il saggio, prendendo spunto da una sentenza del tribunale amministrativo regionale umbro, analizza il tema della disapplicazione nel processo amministrativo. La disapplicazione nasce come potere tipico del giudice ordinario, disciplinato dalla legge abolitiva del contenzioso amministrativo. Interpretato originariamente come una sorta di “compensazione” al divieto per il giudice ordinario di annullare i provvedimenti amministrativi, l’istituto, nel tempo, si è arricchito di nuovi contenuti, estendendo il proprio ambito di applicazione anche al processo avanti al giudice amministrativo. La c.d. “disapplicazione normativa”, cui è dedicato lo scritto, rappresenta una delle ultime e più importanti fra le problematiche inerenti la tematica in esame, involgendo, contemporaneamente, questioni giuridiche di rilevanza primaria, che vanno dalla teoria delle fonti del diritto alla definizione dell’ampiezza e dei limiti del sindacato del giudice amministrativo. Traendo spunto da alcune affermazioni contenute nelle sentenza annotata, il saggio evidenzia, confrontandoli, i principali orientamenti giurisprudenziale e dottrinali formatisi in materia, nell’intento iniziale di individuare nella disapplicazione dei regolamenti illegittimi un principio generale del nostro ordinamento. A tal fine, particolare attenzione è rivolta al fondamento costituzionale dell’istituto, reinterpretato come espressione e, al tempo stesso,come strumento di attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale posto dalla Costituzione. Assumendo questa prospettiva di indagine, il lavoro tenta di offre un quadro delle tensioni e delle contraddizioni che animano il più recente dibattito sull’argomento, caratterizzato, da un lato, da significative aperture nel senso di un ampliamento dei poteri di disapplicazione del giudice amministrativo e, dall’altro, da anacronistici ritorni ai vecchi schemi derivati da una acritica trasposizione delle regole dettate dalla legge abolitiva del contenzioso amministrativo. Il saggio, anche alla luce delle conferme derivanti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, propone una lettura della disapplicazione quale strumento di tutela del cittadino nei riguardi della p.a., finalizzato ad assicurare una tutela secundum ius e indispensabile, pertanto, a garantire una risposta di giustizia effettiva. Ambito privilegiato per la realizzazione di una simile accezione della disapplicazione è la giurisdizione esclusiva, cui è dedicata la parte conclusiva del lavoro. Il ricorso alla disapplicazione normativa, in una sede in cui da sempre si riconosce al giudice una maggiore ampiezza di poteri, è letta quale contributo verso l’affermazione del principio di “giurisdizione piena” del giudice amministrativo proposto dalla più recente riflessione teorica .
La disapplicazione nel processo amministrativo: un problema ancora aperto. Nota a T.A.R. Umbria, 2 maggio 2002, n. 242 ,
GIUSTI, ANNALISA
2002
Abstract
Il saggio, prendendo spunto da una sentenza del tribunale amministrativo regionale umbro, analizza il tema della disapplicazione nel processo amministrativo. La disapplicazione nasce come potere tipico del giudice ordinario, disciplinato dalla legge abolitiva del contenzioso amministrativo. Interpretato originariamente come una sorta di “compensazione” al divieto per il giudice ordinario di annullare i provvedimenti amministrativi, l’istituto, nel tempo, si è arricchito di nuovi contenuti, estendendo il proprio ambito di applicazione anche al processo avanti al giudice amministrativo. La c.d. “disapplicazione normativa”, cui è dedicato lo scritto, rappresenta una delle ultime e più importanti fra le problematiche inerenti la tematica in esame, involgendo, contemporaneamente, questioni giuridiche di rilevanza primaria, che vanno dalla teoria delle fonti del diritto alla definizione dell’ampiezza e dei limiti del sindacato del giudice amministrativo. Traendo spunto da alcune affermazioni contenute nelle sentenza annotata, il saggio evidenzia, confrontandoli, i principali orientamenti giurisprudenziale e dottrinali formatisi in materia, nell’intento iniziale di individuare nella disapplicazione dei regolamenti illegittimi un principio generale del nostro ordinamento. A tal fine, particolare attenzione è rivolta al fondamento costituzionale dell’istituto, reinterpretato come espressione e, al tempo stesso,come strumento di attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale posto dalla Costituzione. Assumendo questa prospettiva di indagine, il lavoro tenta di offre un quadro delle tensioni e delle contraddizioni che animano il più recente dibattito sull’argomento, caratterizzato, da un lato, da significative aperture nel senso di un ampliamento dei poteri di disapplicazione del giudice amministrativo e, dall’altro, da anacronistici ritorni ai vecchi schemi derivati da una acritica trasposizione delle regole dettate dalla legge abolitiva del contenzioso amministrativo. Il saggio, anche alla luce delle conferme derivanti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, propone una lettura della disapplicazione quale strumento di tutela del cittadino nei riguardi della p.a., finalizzato ad assicurare una tutela secundum ius e indispensabile, pertanto, a garantire una risposta di giustizia effettiva. Ambito privilegiato per la realizzazione di una simile accezione della disapplicazione è la giurisdizione esclusiva, cui è dedicata la parte conclusiva del lavoro. Il ricorso alla disapplicazione normativa, in una sede in cui da sempre si riconosce al giudice una maggiore ampiezza di poteri, è letta quale contributo verso l’affermazione del principio di “giurisdizione piena” del giudice amministrativo proposto dalla più recente riflessione teorica .I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.