Sono un'antropologa del Centro nazionale di Ricerca Scientifica, a Parigi, e sono diciannove anni che faccio ricerche sulla lettura, specialmente in luoghi nei quali l'accesso ai libri ed alla cultura scritta non è scontata, si tratta, in Francia, delle regioni rurali o dei quartieri popolari situati alla periferia delle città, o, in America Latina, di luoghi in guerra o in crisi economica acuta. In queste ricerche, mi sono sforzata di considerare le esperienze singole di bambini, adolescenti, adulti che ho incontrato, ascoltandoli parlare, attraverso delle intervista in profondità, quanto più aperte e libere possibile. Nel proseguio di questi lavori, ho tentato di approfondire un po' la mia analisi circa il contributo della lettura alla costruzione di sé, o alla ricostruzione di sè, perché ciò che ascoltavo evocava in modo continuativo questa dimensione, mentre i «contrabbandieri dei libri» — genitori, insegnanti o bibliotecari — ne parlavano molto meno. In effetti, negli ultimi trenta anni, il rendimento scolastico è stato al cuore della maggior parte delle domande sulla lettura. Ci si è domandati se questa attività avrebbe prodotto migliori performances nell'acquisizione della lingua, nell'ortografia, nella sintassi, se avrebbe facilitato certi apprendimenti, la conquista di certe competenze specifiche. Ci si è domandati se il fatto che gli studenti di provenienza agiata leggessero più libri degli altri contribuisse al loro miglior rendimento scolastico. In Francia la principale alternativa a questo approccio «utilitarista» è consistito, nella scia di Daniel Pennac, nel rivendicare il solo «piacere di leggere». Da parte mia, ascoltando persone parlare delle loro letture, raccogliendo ed analizzando i ricordi di lettura trascritti da scrittori, prendendo conoscenza di esperienze culturali vissute in contesti segnati dalla violenza e dalla povertà, mi è sembrato che il rendimento scolastico non era, giocoforza, l'aspetto essenziale. Nel nostro tempo di crisi dei riferimenti e valori, un po' ovunque nel mondo, quando incombe su ciascuno, molto più che in passato, la necessità di dare un senso alla propria vita, l'essenziale potrebbe essere, piuttosto, elaborare questo senso, dare una forma alla propria esperienza, alla sua parte d'ombra come alla verità interiore, segreta; aprire un margine di manovra, essere un po' più il soggetto della propria storia; qualche volta tentare di riparare qualcosa che si è rotto nel rapporto con questa storia o nella relazione con gli altri. Sono tutte cose che possono procurare piacere, ma che vanno molto più in là del piacere.

Leggere per vivere in tempi incerti (curatela e traduzione di Federico Batini)

BATINI, Federico
2010

Abstract

Sono un'antropologa del Centro nazionale di Ricerca Scientifica, a Parigi, e sono diciannove anni che faccio ricerche sulla lettura, specialmente in luoghi nei quali l'accesso ai libri ed alla cultura scritta non è scontata, si tratta, in Francia, delle regioni rurali o dei quartieri popolari situati alla periferia delle città, o, in America Latina, di luoghi in guerra o in crisi economica acuta. In queste ricerche, mi sono sforzata di considerare le esperienze singole di bambini, adolescenti, adulti che ho incontrato, ascoltandoli parlare, attraverso delle intervista in profondità, quanto più aperte e libere possibile. Nel proseguio di questi lavori, ho tentato di approfondire un po' la mia analisi circa il contributo della lettura alla costruzione di sé, o alla ricostruzione di sè, perché ciò che ascoltavo evocava in modo continuativo questa dimensione, mentre i «contrabbandieri dei libri» — genitori, insegnanti o bibliotecari — ne parlavano molto meno. In effetti, negli ultimi trenta anni, il rendimento scolastico è stato al cuore della maggior parte delle domande sulla lettura. Ci si è domandati se questa attività avrebbe prodotto migliori performances nell'acquisizione della lingua, nell'ortografia, nella sintassi, se avrebbe facilitato certi apprendimenti, la conquista di certe competenze specifiche. Ci si è domandati se il fatto che gli studenti di provenienza agiata leggessero più libri degli altri contribuisse al loro miglior rendimento scolastico. In Francia la principale alternativa a questo approccio «utilitarista» è consistito, nella scia di Daniel Pennac, nel rivendicare il solo «piacere di leggere». Da parte mia, ascoltando persone parlare delle loro letture, raccogliendo ed analizzando i ricordi di lettura trascritti da scrittori, prendendo conoscenza di esperienze culturali vissute in contesti segnati dalla violenza e dalla povertà, mi è sembrato che il rendimento scolastico non era, giocoforza, l'aspetto essenziale. Nel nostro tempo di crisi dei riferimenti e valori, un po' ovunque nel mondo, quando incombe su ciascuno, molto più che in passato, la necessità di dare un senso alla propria vita, l'essenziale potrebbe essere, piuttosto, elaborare questo senso, dare una forma alla propria esperienza, alla sua parte d'ombra come alla verità interiore, segreta; aprire un margine di manovra, essere un po' più il soggetto della propria storia; qualche volta tentare di riparare qualcosa che si è rotto nel rapporto con questa storia o nella relazione con gli altri. Sono tutte cose che possono procurare piacere, ma che vanno molto più in là del piacere.
2010
9788882327941
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