L'attività di risk management da sempre si confronta con il rischio di default. Esso si materializza quando il debitore non è in grado di rispettare i termini contrattuali, riguardanti sia il rimborso dei capitali che il pagamento di interessi, nelle scadenze previste. A partire dalla seconda metà degli anni '60 il metodo di misurazione del rischio di credito è variato, cominciando a comparire strumenti automatizzati basati su tecniche statistiche, si vedano i lavori pioneristici di Beaver (1966) e Altman (1968). Da allora, sofisticate metodologie statistiche, originate in contesti diversi, sono state raffinate e adattate alla misurazione del rischio di credito, una rassegna è in Stanghellini (2009, cap. 1). Più in generale, come testimonia la recente monografia di De Laurentis e Maino (2009), strumenti automatizzati sono ormai correntemente utilizzati nel processo di assunzione, gestione e controllo del rischio di credito. La centralità delle piccole e medie imprese nel tessuto industriale di alcuni paesi sviluppati, fra cui l'Italia, rende necessaria una indagine sulla capacità degli indicatori di bilancio di misurare lo stato di salute delle aziende e di prevederne, con anticipo adeguato, l'evento fallimento. La ricerca accademica è unanime nell'evidenziare l'esigenza di costruire, a partire dalle poste di bilancio, un insieme di indicatori della performance di breve o di lungo periodo (Montrone, 2005) ed ha pertanto prodotto nel corso degli anni una moltitudine di indici con obiettivi conoscitivi diversi e particolareggiati. Tuttavia, la pluralità di indicatori a disposizione di chi deve analizzare il bilancio e, in particolare, stimare il rischio di default, non corrisponde ad un altrettanto vasto insieme di fenomeni osservabili. In altri termini, esiste un effetto di sostituzione tra le variabili economiche, indotto dalla loro correlazione, di cui occorre tenere conto. Diversi studi hanno esplorato la sopravvivenza e il fallimento delle piccole medie imprese in varie nazioni, si veda, negli anni più recenti, Huyhebaert e altri (2000); Watson (2003); Pompe e Bilderbeek (2005). Una estesa rassegna della letteratura è rinvenibile in Altman e Hotchkiss (2006); si veda anche Altman e Sabato (2007). L'obiettivo di questo lavoro è verificare, con metodi statistici rigorosi e con riferimento alle società di capitale umbre, la reale capacità predittiva degli indici di bilancio e indicare quale sottoinsieme sia in grado di descrivere più accuratamente lo stato di salute di una azienda. La ricerca di accuratezza attraverso la competenza geografica o la specializzazione settoriale dei modelli è ancora dibattuta. Alcuni studiosi si concentrano verso la specializzazione settoriale (Altman e altri, 1994; Friedman e altri, 2003; Standard e Poor's, 2002) mentre altri sviluppano modelli la cui validità è garantita nell'area geografica di provenienza dei dati. Dal punto di vista statistico, un'analisi su un campione omogeneo dal punto di vista sia settoriale che territoriale potrebbe non essere affidabile a causa della scarsa numerosità delle aziende fallite. Una via d'uscita, proposta da alcuni autori come Roggi e Giannozzi (2008), è la creazione di macro settori economici. In queso lavoro si è voluto tenere conto sia della specializzazione geografica, riferendosi a società di capitali di una sola regione italiana, che della specializzazione settoriale, utilizzata nel corso dell'analisi come criterio di stratificazione delle aziende stesse. La popolazione aziendale umbra offre un piano di indagine peculiare, in considerazione della elevata presenza di piccole e medie imprese e di un'economia rivolta alla domanda interna, la cui capacità di crescita non dipende dalla competizione nel mercato aperto, ma dai flussi di spesa privata e pubblica, caratteristica che rende le aziende più facilmente esposte alla crisi (Bracalente, 2010). In un panorama così delineato, il sostegno da parte del mondo del credito diventa di importanza cruciale ed è pertanto rilevante chiarire le criticità e definire i criteri di intervento. Il lavoro è così suddiviso: nel paragrafo due viene esposta la metodologia adottata, nel paragrafo tre viene riportata l'analisi del campione di dati e l'applicazioni del modello di analisi, nel paragrafo quattro sono descritti ulteriori approfondimenti, il quinto paragrafo comprende l'interpretazione economica delle variabili considerate più significative nel processo di valutazione dello stato di salute aziendale mentre nel sesto ed ultimo paragrafo vengono esposte le conclusioni del lavoro.

La capacità predittiva degli indicatori di bilancio: una verifica sulle aziende umbre

PIERRI, Francesca;BURCHI, Alberto;STANGHELLINI, Elena
2011

Abstract

L'attività di risk management da sempre si confronta con il rischio di default. Esso si materializza quando il debitore non è in grado di rispettare i termini contrattuali, riguardanti sia il rimborso dei capitali che il pagamento di interessi, nelle scadenze previste. A partire dalla seconda metà degli anni '60 il metodo di misurazione del rischio di credito è variato, cominciando a comparire strumenti automatizzati basati su tecniche statistiche, si vedano i lavori pioneristici di Beaver (1966) e Altman (1968). Da allora, sofisticate metodologie statistiche, originate in contesti diversi, sono state raffinate e adattate alla misurazione del rischio di credito, una rassegna è in Stanghellini (2009, cap. 1). Più in generale, come testimonia la recente monografia di De Laurentis e Maino (2009), strumenti automatizzati sono ormai correntemente utilizzati nel processo di assunzione, gestione e controllo del rischio di credito. La centralità delle piccole e medie imprese nel tessuto industriale di alcuni paesi sviluppati, fra cui l'Italia, rende necessaria una indagine sulla capacità degli indicatori di bilancio di misurare lo stato di salute delle aziende e di prevederne, con anticipo adeguato, l'evento fallimento. La ricerca accademica è unanime nell'evidenziare l'esigenza di costruire, a partire dalle poste di bilancio, un insieme di indicatori della performance di breve o di lungo periodo (Montrone, 2005) ed ha pertanto prodotto nel corso degli anni una moltitudine di indici con obiettivi conoscitivi diversi e particolareggiati. Tuttavia, la pluralità di indicatori a disposizione di chi deve analizzare il bilancio e, in particolare, stimare il rischio di default, non corrisponde ad un altrettanto vasto insieme di fenomeni osservabili. In altri termini, esiste un effetto di sostituzione tra le variabili economiche, indotto dalla loro correlazione, di cui occorre tenere conto. Diversi studi hanno esplorato la sopravvivenza e il fallimento delle piccole medie imprese in varie nazioni, si veda, negli anni più recenti, Huyhebaert e altri (2000); Watson (2003); Pompe e Bilderbeek (2005). Una estesa rassegna della letteratura è rinvenibile in Altman e Hotchkiss (2006); si veda anche Altman e Sabato (2007). L'obiettivo di questo lavoro è verificare, con metodi statistici rigorosi e con riferimento alle società di capitale umbre, la reale capacità predittiva degli indici di bilancio e indicare quale sottoinsieme sia in grado di descrivere più accuratamente lo stato di salute di una azienda. La ricerca di accuratezza attraverso la competenza geografica o la specializzazione settoriale dei modelli è ancora dibattuta. Alcuni studiosi si concentrano verso la specializzazione settoriale (Altman e altri, 1994; Friedman e altri, 2003; Standard e Poor's, 2002) mentre altri sviluppano modelli la cui validità è garantita nell'area geografica di provenienza dei dati. Dal punto di vista statistico, un'analisi su un campione omogeneo dal punto di vista sia settoriale che territoriale potrebbe non essere affidabile a causa della scarsa numerosità delle aziende fallite. Una via d'uscita, proposta da alcuni autori come Roggi e Giannozzi (2008), è la creazione di macro settori economici. In queso lavoro si è voluto tenere conto sia della specializzazione geografica, riferendosi a società di capitali di una sola regione italiana, che della specializzazione settoriale, utilizzata nel corso dell'analisi come criterio di stratificazione delle aziende stesse. La popolazione aziendale umbra offre un piano di indagine peculiare, in considerazione della elevata presenza di piccole e medie imprese e di un'economia rivolta alla domanda interna, la cui capacità di crescita non dipende dalla competizione nel mercato aperto, ma dai flussi di spesa privata e pubblica, caratteristica che rende le aziende più facilmente esposte alla crisi (Bracalente, 2010). In un panorama così delineato, il sostegno da parte del mondo del credito diventa di importanza cruciale ed è pertanto rilevante chiarire le criticità e definire i criteri di intervento. Il lavoro è così suddiviso: nel paragrafo due viene esposta la metodologia adottata, nel paragrafo tre viene riportata l'analisi del campione di dati e l'applicazioni del modello di analisi, nel paragrafo quattro sono descritti ulteriori approfondimenti, il quinto paragrafo comprende l'interpretazione economica delle variabili considerate più significative nel processo di valutazione dello stato di salute aziendale mentre nel sesto ed ultimo paragrafo vengono esposte le conclusioni del lavoro.
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