Conoscere un luogo, nell’accezione catresiana, significa scoprire il significato profondo di ciò che si sta studiando ed arrivare a rivelare ciò che pur essendo presente non è diretamente percepibile; è quindi un tentativo di estrarre dallo spazio quegli elementi necessari all’interpretazione del luogo per acquisire gli strumenti necessari ad un corretto intervento nel reale. Analizzare il discontinuo della città contemporanea diventa un problema di difficile soluzione quando entrano in gioco variabili dinamiche di crescita in cui la città si trasforma in una icona tecnologica priva di limiti e punto di connessione all’interno di una inestricabile rete interplanetaria. Stefano Rodotà sostiene che nel momento in cui si ha “la città a domicilio” (pensiamo ad internet) scompare l’esigenza stessa della città. Interpretare la realtà urbana come luogo predisposto alla comunicazione da cui si accede a qualsiasi servizio indipendentemente dalla sua localizzazione, provoca un mutameno del rapporto utente-servizio-spazio ed un frastornamento di chi ricerca le leggi che governano lo sviluppo della città contemporanea. È in questa fase che il tipo di rappresentazione tradizionale, fatta di grafici, tematismi e norme scritte, mostra tutti i suoi limiti e si fa spazio la logica ipertestuale. l’idea di ipertesto ha radici lontane, Vannevar Bush nel 1945 con l’articolo “As we may think”, prevedeva i diversi modi in cui si potevano combinare le tecnologie, parlava di macchine future capaci di gestire ogni tipo di informazione ed in particolare descrisse il metodo con cui i ricercatori potevano condividere e scambiare le loro idee attraverso una macchina meraviglisa chiamata memex. Dal memex al sistema ipertestuale, come noi ora lo concepiamo, è passato più di mezzo secolo, comunque la visione di Vannevar Bush, dell’uso di una macchina come estensione della mente, resta la chiave di lettura di un moderno data base. L’idea del sistema ipertestuale è quella di creare degli utenti con maggiore potere sia nei confronti dei documenti che incontrano, che degli autori dei documenti stessi, il sistema permette a chi ne fruisce di “fare delle scelte”, incarnando perfettamente l’idea di testo ideale di Roland Barthes. Si configura una nuova immagine del ricercatore, un nuovo utente il wreaders (writer + reader), cioé colui che, immerso nella massa di documenti connessi elettronicamente, legge attivamente, crea collegamenti e diventa attore, aggiunge materiale al testo originale, anzi crea una nuova versione originale. Si assiste quindi alla disgregazione dell’atto creativo, che si proietta nel tempo e nello spazio, decadono, quindi i binomi Creatore-Autore e Lettore-Fruitore. Questa “eterna incompiutezza” dell’atto creativo si confronta con la città contemporanea e forse rappresena una sua chiave interpretativa. La frammentazione ed il divenire vengono raccolti in un documento aperto che rileva lo stato delle cose aggiungendo informazioni istante dopo istante. Scomparendo il confine tra l’autore ed il fruitore, si procede, all’interno del sistema ipertestale, attraverso una tela informatica, costituita da rami e nodi, si predispongono nuovi documenti, si consulta altro materiale, si aggiungono annotazioni e collegamenti originali. Un segno della scomparsa di questo confine è dato dal fatto che è il fruitore a determinare, in buona misura, il modo di muoversi nel sistema, modo che implica sia l’atto di creare un percorso, sia quello di seguirlo e che venne definito da Vannevar Bush “trailbazing” (letteralmente significa “segnare gli alberi in un bosco per indicare la via”).

Ridisegnare la città contemporanea.

BIANCONI, Fabio
1999

Abstract

Conoscere un luogo, nell’accezione catresiana, significa scoprire il significato profondo di ciò che si sta studiando ed arrivare a rivelare ciò che pur essendo presente non è diretamente percepibile; è quindi un tentativo di estrarre dallo spazio quegli elementi necessari all’interpretazione del luogo per acquisire gli strumenti necessari ad un corretto intervento nel reale. Analizzare il discontinuo della città contemporanea diventa un problema di difficile soluzione quando entrano in gioco variabili dinamiche di crescita in cui la città si trasforma in una icona tecnologica priva di limiti e punto di connessione all’interno di una inestricabile rete interplanetaria. Stefano Rodotà sostiene che nel momento in cui si ha “la città a domicilio” (pensiamo ad internet) scompare l’esigenza stessa della città. Interpretare la realtà urbana come luogo predisposto alla comunicazione da cui si accede a qualsiasi servizio indipendentemente dalla sua localizzazione, provoca un mutameno del rapporto utente-servizio-spazio ed un frastornamento di chi ricerca le leggi che governano lo sviluppo della città contemporanea. È in questa fase che il tipo di rappresentazione tradizionale, fatta di grafici, tematismi e norme scritte, mostra tutti i suoi limiti e si fa spazio la logica ipertestuale. l’idea di ipertesto ha radici lontane, Vannevar Bush nel 1945 con l’articolo “As we may think”, prevedeva i diversi modi in cui si potevano combinare le tecnologie, parlava di macchine future capaci di gestire ogni tipo di informazione ed in particolare descrisse il metodo con cui i ricercatori potevano condividere e scambiare le loro idee attraverso una macchina meraviglisa chiamata memex. Dal memex al sistema ipertestuale, come noi ora lo concepiamo, è passato più di mezzo secolo, comunque la visione di Vannevar Bush, dell’uso di una macchina come estensione della mente, resta la chiave di lettura di un moderno data base. L’idea del sistema ipertestuale è quella di creare degli utenti con maggiore potere sia nei confronti dei documenti che incontrano, che degli autori dei documenti stessi, il sistema permette a chi ne fruisce di “fare delle scelte”, incarnando perfettamente l’idea di testo ideale di Roland Barthes. Si configura una nuova immagine del ricercatore, un nuovo utente il wreaders (writer + reader), cioé colui che, immerso nella massa di documenti connessi elettronicamente, legge attivamente, crea collegamenti e diventa attore, aggiunge materiale al testo originale, anzi crea una nuova versione originale. Si assiste quindi alla disgregazione dell’atto creativo, che si proietta nel tempo e nello spazio, decadono, quindi i binomi Creatore-Autore e Lettore-Fruitore. Questa “eterna incompiutezza” dell’atto creativo si confronta con la città contemporanea e forse rappresena una sua chiave interpretativa. La frammentazione ed il divenire vengono raccolti in un documento aperto che rileva lo stato delle cose aggiungendo informazioni istante dopo istante. Scomparendo il confine tra l’autore ed il fruitore, si procede, all’interno del sistema ipertestale, attraverso una tela informatica, costituita da rami e nodi, si predispongono nuovi documenti, si consulta altro materiale, si aggiungono annotazioni e collegamenti originali. Un segno della scomparsa di questo confine è dato dal fatto che è il fruitore a determinare, in buona misura, il modo di muoversi nel sistema, modo che implica sia l’atto di creare un percorso, sia quello di seguirlo e che venne definito da Vannevar Bush “trailbazing” (letteralmente significa “segnare gli alberi in un bosco per indicare la via”).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/911323
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