La continua genesi di norme tributarie dedicate a strumenti consensuali di risoluzione delle controversie (‘accordi tributari’) invita ad indagare le ragioni ordinamentali sottese a questo fenomeno, peraltro solitamente riferito ai diritti disponibili e ricondotto al nomen dei così detti ADR (“Alternative dispute resolution”). La ricerca si propone di dimostrare che sia sul piano logico (sostanziale), sia sul piano normativo (formale), l’applicazione degli ‘accordi tributari’ fatta nel rispetto di inderogabili ‘norme d’uso’ permette alla via consensuale e alla via processuale, alla funzione accertativa e alla funzione compositiva di assicurare proporzionalmente lo stesso tipo e la stessa misura di giustizia (verità) e, quindi, la stessa effettività (proporzionale) del diritto tributario. Ciò, al fine di trarre argomenti utili a verificare le condizioni di ammissibilità di accordi anche in un settore dell’ordinamento, qual è quello tributario, nel quale una delle parti è titolare di una funzione vincolata. In effetti, se fossero assunti nella loro configurazione tipologica tradizionale e fossero semplicemente definiti come alternativi, i c.d. “ADR” non potrebbero accedere al settore fiscale. Sicché, l’indagine intende evidenziare che le predette ‘norme d’uso’ conferirebbero agli accordi tributari una natura giuridica diversa da quella dei comuni “ADR”. Anzi, proprio questa diversità di natura implicherebbe l’opportunità di adottare il diverso nome ‘EDR’ (Equivalent dispute resolution) anche al fine di evitare il rischio di incorrere, altrimenti, nell’equivoco terminologico che condurrebbe impropriamente ad inglobare gli ‘accordi tributari’, quanto ad attitudine giustiziale, nella accezione (di “second best”, di “surrogati”, di “rimedi al ribasso” etc.) solitamente correlata all’acronimo ADR.
Diritto tributario e "Equivalent dispute resolution"
VERSIGLIONI, Marco
2012
Abstract
La continua genesi di norme tributarie dedicate a strumenti consensuali di risoluzione delle controversie (‘accordi tributari’) invita ad indagare le ragioni ordinamentali sottese a questo fenomeno, peraltro solitamente riferito ai diritti disponibili e ricondotto al nomen dei così detti ADR (“Alternative dispute resolution”). La ricerca si propone di dimostrare che sia sul piano logico (sostanziale), sia sul piano normativo (formale), l’applicazione degli ‘accordi tributari’ fatta nel rispetto di inderogabili ‘norme d’uso’ permette alla via consensuale e alla via processuale, alla funzione accertativa e alla funzione compositiva di assicurare proporzionalmente lo stesso tipo e la stessa misura di giustizia (verità) e, quindi, la stessa effettività (proporzionale) del diritto tributario. Ciò, al fine di trarre argomenti utili a verificare le condizioni di ammissibilità di accordi anche in un settore dell’ordinamento, qual è quello tributario, nel quale una delle parti è titolare di una funzione vincolata. In effetti, se fossero assunti nella loro configurazione tipologica tradizionale e fossero semplicemente definiti come alternativi, i c.d. “ADR” non potrebbero accedere al settore fiscale. Sicché, l’indagine intende evidenziare che le predette ‘norme d’uso’ conferirebbero agli accordi tributari una natura giuridica diversa da quella dei comuni “ADR”. Anzi, proprio questa diversità di natura implicherebbe l’opportunità di adottare il diverso nome ‘EDR’ (Equivalent dispute resolution) anche al fine di evitare il rischio di incorrere, altrimenti, nell’equivoco terminologico che condurrebbe impropriamente ad inglobare gli ‘accordi tributari’, quanto ad attitudine giustiziale, nella accezione (di “second best”, di “surrogati”, di “rimedi al ribasso” etc.) solitamente correlata all’acronimo ADR.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.