Razionale: Il consumo di fibre arreca benefici alla salute umana, infatti in letteratura è noto il nesso esistente tra la struttura molecolare delle fibre cerealicole, i livelli glicemici e l’insulinemia. Particolarmente incidente sull’effetto biologico è la struttura di arabinoxilani e β-glucani, polisaccaridi della parete cellulare. Scopo del presente lavoro è studiare la relazione tra i suddetti composti e il minor rischio di sviluppare malattie croniche come diabete tipo 2 (DMT2), obesità, malattie cardiovascolari e alcuni tumori. Metodo: La ricerca bibliografica è stata condotta su PubMed. Criteri di inclusione: lavori originali, in extenso, in lingua inglese, pubblicati negli ultimi 10 anni. Risultati: Dalla revisione della letteratura emergono 46 studi da cui si evince che l’alto consumo (tra 21 e 38 g/die) di fibra riduce il peso corporeo e il rischio di obesità. I meccanismi proposti spaziano dalla riduzione della densità calorica (minore assorbimento di macronutrienti e aumentata viscosità) al rallentato svuotamento gastrico (sazietà prolungata e riduzione della risposta glicemica postprandiale). Il basso indice glicemico è da attribuire anche alla particolare struttura molecolare caratterizzata da un alto rapporto amilosio (lineare)/amilopectina (altamente ramificata) meno aggredibile dall’idrolisi enzimatica. La fibra aumenta peso e consistenza fecale, incrementando la motilità intestinale e la frequenza dell’alvo e riducendo la stipsi (20% negli U.S.A). L’accelerato transito diminuisce il tempo di contatto tra mucosa intestinale e tossici fecali, riducendo il rischio di tumore intestinale. La fibra favorisce l’escrezione di acidi biliari, inibisce la loro trasformazione in forme cancerogene e riduce sia l’assorbimento che la produzione di colesterolo totale e LDL anche in pazienti con DMT2. Uno studio su pazienti con insufficienza renale, nei quali l’uremia elevata determina costipazione, anoressia e nausea, ha mostrato come l’assunzione di fibre alimentari riduca la stipsi, migliorando la qualità di vita. La fibra fermentata funge da substrato per il microbiota (aumento delle colonie dei Ruminococcaceae) la cui alterazione sembra ridurre i livelli dei marker infiammatori IL6, PCR, e LBP (lypopolysaccharide binding protein), soprattutto in soggetti sovrappeso e di sesso femminile, riducendo l’incidenza di malattie infiammatorie croniche intestinali e del tumore del colon. La fermentazione permette al microbiota di produrre acidi grassi a corta catena (principale fonte energetica dell’epitelio intestinale, con effetti antiinfiammatori), inoltre induce un aumento di H2 e ammonio, che abbassano il pH riducendo i Bacteroides, infine stimola l’assorbimento di calcio e magnesio. Una dieta ricca in fibre sembra anche essere associata a una riduzione degli aminoacidi ramificati. Uno studio condotto su donne in menopausa evidenzia che una dieta ricca in fibre già dopo 8 settimane determina una riduzione di leucina e isoleucina plasmatica, sensibilmente associati allo sviluppo di DM. Alti livelli di omocisteina sono un fattore di rischio indipendente per le cardiopatie. Si osserva in studi su animali e sull’uomo che la betaina presente nella fibra, metilando l’omocisteina, la converte in metionina, riducendo il rischio. Conclusioni: Le strutture molecolari delle fibre alimentari variano molto in termini di peso molecolare (PM) e ramificazioni. Risultati in vitro e sull’uomo mostrano l’importanza del PM nell’esercitare viscosità sufficiente da avere effetti su metabolismo glucidico e sulla risposta insulinica post prandiale. I dati contrastanti della letteratura sono probabilmente dovuti ai diversi tipi di cereali utilizzati. Si propone perciò di valutare come possibile caratteristica determinante gli effetti benefici sulla salute, oltre al PM, anche la quantità di β-glucani e di arabinoxilani. Si ritiene che il peso specifico dovrebbe essere > 100 e > 20 kDa, rispettivamente. Il rapporto amilasi/amilopectina dovrebbe essere > di 1:1 per ottenere una glicemia post-prandiale e una risposta insulinica minore. Va notato che le fibre solubili se fisicamente intrappolate in una solida matrice alimentare potrebbero fungere da fibre insolubili, determinando effetti fisiologici reali. Un esempio deriverebbe dalle dimensioni delle particelle dei cereali, dato che maggiori livelli glicemici e di insulina sono stati riportati dopo un pasto contenente particelle fini di farina di frumento rispetto a quelli riscontrati dopo un pasto contenente particelle più grossolane. La realizzazione e la promozione di tali prodotti lavorati permetterebbe di aprire nuove conoscenze e prospettive terapeutiche sulla prevenzione di obesità e malattie cardio-vascolari, con vantaggi in termini di qualità della vita e risparmio del costo pubblico della sanità. È auspicabile che il consumo quotidiano di fibra ritorni ad essere parte integrante della cultura culinaria del nostro Paese.

Effetti sulla salute dell’utilizzo, nell’alimentazione, di cereali ricchi in β-glucani e arabinoxilani

GIANFREDI, VINCENZA;VILLARINI, Milena;MORETTI, Massimo
2016

Abstract

Razionale: Il consumo di fibre arreca benefici alla salute umana, infatti in letteratura è noto il nesso esistente tra la struttura molecolare delle fibre cerealicole, i livelli glicemici e l’insulinemia. Particolarmente incidente sull’effetto biologico è la struttura di arabinoxilani e β-glucani, polisaccaridi della parete cellulare. Scopo del presente lavoro è studiare la relazione tra i suddetti composti e il minor rischio di sviluppare malattie croniche come diabete tipo 2 (DMT2), obesità, malattie cardiovascolari e alcuni tumori. Metodo: La ricerca bibliografica è stata condotta su PubMed. Criteri di inclusione: lavori originali, in extenso, in lingua inglese, pubblicati negli ultimi 10 anni. Risultati: Dalla revisione della letteratura emergono 46 studi da cui si evince che l’alto consumo (tra 21 e 38 g/die) di fibra riduce il peso corporeo e il rischio di obesità. I meccanismi proposti spaziano dalla riduzione della densità calorica (minore assorbimento di macronutrienti e aumentata viscosità) al rallentato svuotamento gastrico (sazietà prolungata e riduzione della risposta glicemica postprandiale). Il basso indice glicemico è da attribuire anche alla particolare struttura molecolare caratterizzata da un alto rapporto amilosio (lineare)/amilopectina (altamente ramificata) meno aggredibile dall’idrolisi enzimatica. La fibra aumenta peso e consistenza fecale, incrementando la motilità intestinale e la frequenza dell’alvo e riducendo la stipsi (20% negli U.S.A). L’accelerato transito diminuisce il tempo di contatto tra mucosa intestinale e tossici fecali, riducendo il rischio di tumore intestinale. La fibra favorisce l’escrezione di acidi biliari, inibisce la loro trasformazione in forme cancerogene e riduce sia l’assorbimento che la produzione di colesterolo totale e LDL anche in pazienti con DMT2. Uno studio su pazienti con insufficienza renale, nei quali l’uremia elevata determina costipazione, anoressia e nausea, ha mostrato come l’assunzione di fibre alimentari riduca la stipsi, migliorando la qualità di vita. La fibra fermentata funge da substrato per il microbiota (aumento delle colonie dei Ruminococcaceae) la cui alterazione sembra ridurre i livelli dei marker infiammatori IL6, PCR, e LBP (lypopolysaccharide binding protein), soprattutto in soggetti sovrappeso e di sesso femminile, riducendo l’incidenza di malattie infiammatorie croniche intestinali e del tumore del colon. La fermentazione permette al microbiota di produrre acidi grassi a corta catena (principale fonte energetica dell’epitelio intestinale, con effetti antiinfiammatori), inoltre induce un aumento di H2 e ammonio, che abbassano il pH riducendo i Bacteroides, infine stimola l’assorbimento di calcio e magnesio. Una dieta ricca in fibre sembra anche essere associata a una riduzione degli aminoacidi ramificati. Uno studio condotto su donne in menopausa evidenzia che una dieta ricca in fibre già dopo 8 settimane determina una riduzione di leucina e isoleucina plasmatica, sensibilmente associati allo sviluppo di DM. Alti livelli di omocisteina sono un fattore di rischio indipendente per le cardiopatie. Si osserva in studi su animali e sull’uomo che la betaina presente nella fibra, metilando l’omocisteina, la converte in metionina, riducendo il rischio. Conclusioni: Le strutture molecolari delle fibre alimentari variano molto in termini di peso molecolare (PM) e ramificazioni. Risultati in vitro e sull’uomo mostrano l’importanza del PM nell’esercitare viscosità sufficiente da avere effetti su metabolismo glucidico e sulla risposta insulinica post prandiale. I dati contrastanti della letteratura sono probabilmente dovuti ai diversi tipi di cereali utilizzati. Si propone perciò di valutare come possibile caratteristica determinante gli effetti benefici sulla salute, oltre al PM, anche la quantità di β-glucani e di arabinoxilani. Si ritiene che il peso specifico dovrebbe essere > 100 e > 20 kDa, rispettivamente. Il rapporto amilasi/amilopectina dovrebbe essere > di 1:1 per ottenere una glicemia post-prandiale e una risposta insulinica minore. Va notato che le fibre solubili se fisicamente intrappolate in una solida matrice alimentare potrebbero fungere da fibre insolubili, determinando effetti fisiologici reali. Un esempio deriverebbe dalle dimensioni delle particelle dei cereali, dato che maggiori livelli glicemici e di insulina sono stati riportati dopo un pasto contenente particelle fini di farina di frumento rispetto a quelli riscontrati dopo un pasto contenente particelle più grossolane. La realizzazione e la promozione di tali prodotti lavorati permetterebbe di aprire nuove conoscenze e prospettive terapeutiche sulla prevenzione di obesità e malattie cardio-vascolari, con vantaggi in termini di qualità della vita e risparmio del costo pubblico della sanità. È auspicabile che il consumo quotidiano di fibra ritorni ad essere parte integrante della cultura culinaria del nostro Paese.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/1412219
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