Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli appelli per la scuola, forse arrivando a costituire un numero eccessivo, e, qualcuno di questi, ha autorizzato riferimenti al concetto di educazione bancaria che Freire ha così bene sintetizzato: «L’educazione si trasforma così nell’atto del depositare, in cui gli allievi sono i depositari e l’insegnante il depositante. Invece di comunicare l’insegnante distribuisce informazioni e deposita nozioni che gli al- lievi pazientemente ricevono, memorizzano e ripetono. Questo è il concetto bancario di educazione, in cui la possibilità d’azione concessa agli allievi si riduce soltanto al ricevere, allo schedare e all’immagazzinare i depositi nozionali» (Freire, 2002, p. 58). L’idea non è sconosciuta a molti di noi. Un’idea di educazione e istruzione secondo la quale l’insegnante fornisce una serie di informazioni e nozioni, solitamente seguendo il testo di riferimento, gli alunni poi deb- bono studiare e memorizzare per poi ripetere. La valutazione diventa, semplificando, l’attestazione del grado di somiglianza raggiunta, nella propria esposizione o nelle risposte fornite in una prova, con quanto era stato spie- gato o con quanto contenuto nel libro. Questo modello educativo, molto diffuso, che trova incarnazione nella didattica centrata sul libro di testo è, solitamente, collegata all’idea di se- guire così il “programma”, nella forma di un elenco di contenuti che tradizionalmente trovano spazio nei libri di testo medesimo, estremamente rassicurante per chi insegna, anche se non ne è previsto l’utilizzo nella scuola italiana da oltre 20 anni. Questo approccio, che Freire ha definito come bancario, come è noto, ha prodotto e produce “indifferenza”, che come ricorda Erri de Luca, è l’incapacità di riconoscere la differenza. Dall’incapacità di riconoscere le differenze consegue un’agentività educativa e didattica che cade nell’errore di pensare che giusto e uguale per tutti siano sinonimi. Proviamo a proseguire nella metafora freiriana: il “deposito” con questo approccio didattico viene fatto per tutti nello stesso modo e collettivamente, ma chi riesce a raccogliere quanto depositato e ottenerne un “rendimento” (che, non a caso è termine usato a scuola) sono pochi e sono coloro che erano già “ricchi” in entrata. Rimanendo in metafora chi arriva ricco a scuola, si potrebbe dire, rimane ricco e può, volendo, ottenere un rendimento positivo, chi arriva povero rimane povero o, addirittura, accumula “debiti” (anche qui la scelta lessicale dice tutto). La rilevante predittività del contesto di provenienza sui risultati scolastico formativi che contraddistingue molti sistemi di istruzione e, sicuramente, quello italiano ci fa comprendere come sviluppare la metafora non sia fuori luogo.
La lettura ad alta voce come pratica equitativa
Federico Batini
2022
Abstract
Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli appelli per la scuola, forse arrivando a costituire un numero eccessivo, e, qualcuno di questi, ha autorizzato riferimenti al concetto di educazione bancaria che Freire ha così bene sintetizzato: «L’educazione si trasforma così nell’atto del depositare, in cui gli allievi sono i depositari e l’insegnante il depositante. Invece di comunicare l’insegnante distribuisce informazioni e deposita nozioni che gli al- lievi pazientemente ricevono, memorizzano e ripetono. Questo è il concetto bancario di educazione, in cui la possibilità d’azione concessa agli allievi si riduce soltanto al ricevere, allo schedare e all’immagazzinare i depositi nozionali» (Freire, 2002, p. 58). L’idea non è sconosciuta a molti di noi. Un’idea di educazione e istruzione secondo la quale l’insegnante fornisce una serie di informazioni e nozioni, solitamente seguendo il testo di riferimento, gli alunni poi deb- bono studiare e memorizzare per poi ripetere. La valutazione diventa, semplificando, l’attestazione del grado di somiglianza raggiunta, nella propria esposizione o nelle risposte fornite in una prova, con quanto era stato spie- gato o con quanto contenuto nel libro. Questo modello educativo, molto diffuso, che trova incarnazione nella didattica centrata sul libro di testo è, solitamente, collegata all’idea di se- guire così il “programma”, nella forma di un elenco di contenuti che tradizionalmente trovano spazio nei libri di testo medesimo, estremamente rassicurante per chi insegna, anche se non ne è previsto l’utilizzo nella scuola italiana da oltre 20 anni. Questo approccio, che Freire ha definito come bancario, come è noto, ha prodotto e produce “indifferenza”, che come ricorda Erri de Luca, è l’incapacità di riconoscere la differenza. Dall’incapacità di riconoscere le differenze consegue un’agentività educativa e didattica che cade nell’errore di pensare che giusto e uguale per tutti siano sinonimi. Proviamo a proseguire nella metafora freiriana: il “deposito” con questo approccio didattico viene fatto per tutti nello stesso modo e collettivamente, ma chi riesce a raccogliere quanto depositato e ottenerne un “rendimento” (che, non a caso è termine usato a scuola) sono pochi e sono coloro che erano già “ricchi” in entrata. Rimanendo in metafora chi arriva ricco a scuola, si potrebbe dire, rimane ricco e può, volendo, ottenere un rendimento positivo, chi arriva povero rimane povero o, addirittura, accumula “debiti” (anche qui la scelta lessicale dice tutto). La rilevante predittività del contesto di provenienza sui risultati scolastico formativi che contraddistingue molti sistemi di istruzione e, sicuramente, quello italiano ci fa comprendere come sviluppare la metafora non sia fuori luogo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.